Regia di Letizia Lamartire vedi scheda film
Molta vita di provincia, molta gloria e altrettanti dubbi di uno fra i migliori numeri dieci della storia calcistica italiana. Nato a Caldogno, piccolo paese alle porte di Vicenza, dove il giovane Baggio mosse i primi vagiti calcistici prima di approdare alla serie A con la maglia della Fiorentina e al Buddhismo come forma di meditazione per purificare l’anima e raggiungere attraverso il giusto percorso la propria meta personale.
Date queste premesse la pellicola marcata NetFlix dedicata al Divin Codino, che pare abbia piacevolmente colpito il Roberto Baggio originale, non va però molto oltre una serie di insicurezze personali di un campione che fuori dal rettangolo di gioco pare vittima della durezza paterna, portata in scena dalla cadenza autenticamente veneta di Andrea Pennacchi, caratterista per la tv e attore consumatosi lungo le assi dei teatri, e capace di aggiungere un nuovo personaggio, scavato nella durezza della provincia veneta, alla sua folta serie di characters; infatti il Florindo Baggio che incontriamo è per il figlio Roberto la figura più importante e centrale per cercare di capirne la vita e le aspirazioni, o almeno questo si evince dal film. Più importante della fidanzata storica, e successivamente moglie, Andreina, impersonata da Valentina Bellè; più del manager e amico Vittorio Petrone, uno splendido Thomas Trabacchi e più di ciascuno degli allenatori che hanno cercato, a parte Carlo Mazzone, portato in scena da un Martufello con cadenza e sembianze molto credibili, d’imprigionarne l’estro a favore del gioco di squadra.
È infatti nelle pieghe del rapporto padre figlio mai del tutto risolto che si sofferma maggiormente e curiosamente la sceneggiatura di Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo e portata in scena da Letizia Lamartire, che per la seconda volta si misura dietro la macchina da presa dopo aver portato sul grande schermo il film drammatico del 2018: Saremo giovani e bellissimi. Il Roberto Baggio di Andrea De Angelis, credibile come sembianze e già protagonista di differenti pellicole fra cui The Startup di Alessandro D’Alatri, è alla fine un personaggio vittima del proprio talento, con una storia personale che pare non discostarsi troppo da quella di tanti suoi coetanei, ma una storia però incapace di lasciare il segno e che alla fine non consente alla pellicola di decollare esattamente come spesso capita ai biopic di personaggi sportivi le cui gesta sono ancora troppo recenti e quindi ancora vividamente impresse nell’immaginario collettivo.
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