Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Una crisi idrica senza precedenti colpisce Roma. Non piove da mesi, il Tevere è in secca; i rifornimenti d'acqua sono garantiti da autobotti e l'erogazione attraverso la rete pubblica è garantita per un'ora al giorno. A breve verrà sospesa del tutto. Questo contesto di estrema emergenza fa da sfondo alle vicende di un gruppo di personaggi, legati tra loro da relazioni molto complesse. Alcuni di essi sono palesemente disagiati, altri nascondono le loro difficoltà, anche maggiori, dietro una parvenza di normalità. Quasi tutti andranno a fondo, non solo in senso figurato. Paolo Virzì introduce ed affronta diverse tematiche, giovandosi dell'ambientazione e delle storie dei singoli. Il primo elemento che possiamo cogliere è la similitudine tra le conseguenze delle misure di contenimento della recente pandemia e della reazione alla crisi idrica. In entrambe i casi, sono state disposte limitazioni di libertà personali, comprimendole per necessità di tutela della salute pubblica. Nella realtà le forze dell'ordine facevano ronde per garantire le chiusure degli esercizi pubblici, il rispetto del distanziamento, del "coprifuoco" e dell'obbligo di "stare a casa", salvo i noti motivi; nel racconto fanno la guardia alle poche fontane ed inseguono chi usa l'acqua per lavare l'auto. E, sia nella fantasia, sia nella realtà, tutto ciò ha dato il là a movimenti di protesta trasversali, meschinità (gli "spioni da balcone"), egoismi, follìa; al tempo stesso le difficoltà hanno generato solidarietà, umanità, sincerità. Tra i personaggi più semplici e positivi, abbiamo Antonio (Silvio Orlando), un ergastolano tanto abituato alla vita di carcere da non aver più desiderio di uscirne; per una casualità, si trova fuori e sceglie di cercare la persona cui più tiene; tra molte difficoltà - era recluso da 25 anni e pertanto all'oscuro di come si sia evoluta la società - la trova; è la figlia, Giulia (Sara Serraiocco). Il confronto non è facile, poichè la giovane è stata vittima del crimine che ha portato Antonio in carcere. Ma c'è il tempo per una scintilla di umanità, sebbene non ci sia riconciliazione. Giulia, la cui vita è stata segnata dal crimine del padre, è cresciuta in strade difficili e case occupate. E' incinta; spera di poter cancellare il passato, insieme al compagno Valerio (Gabriel Montesi), di professione body-guard, decisamente poco sicuro di sè, inaffidabile, stolto. La tensione, insieme ad una stupida avidità, lo porta alla rovina. Il suo incarico è proteggere Raffaella, appartenente alla ricchissima famiglia Zarate, apparentemente fragile di mente e per questo vittima della crudeltà dei facoltosi parenti, in realtà psicologicamente a pezzi a causa del disastroso contesto umano nel quale vive, ma in grado di agire con raziocinio; Valerio farà l'opposto di quanto gli è richiesto. Raffaella è interpretata da Emanuela Fanelli. Gira per le polverose strade di Roma, a bordo di una vecchia "auto blu" convertita in taxi, Loris, stanco ex-autista di potenti e vittima del taglio dei costi della politica, costretto a turni massacranti pur di racimolare qualche soldo per vivere. Nel suo vagare, non è mai da solo; se non ci sono clienti, a bordo, gli appaiono un ex-presidente del consiglio, che anche in tal veste, continua a blandirlo, parlandogli del ... nulla, con fare molto convincente, così come ha fatto nei confronti dell'elettorato per anni; i genitori, i quali l'invitano a riallacciare i rapporti con la ex-moglie Sara. Loris - Valerio Mastandrea - affezionatissimo alla figlia Martina, nonostante viva praticamente alla giornata, è un personaggio positivo. Avrà, tragicamente, occasione di riconciliarsi con Sara. La donna, interpretata da Claudia Pandolfi, è una dottoressa di pronto soccorso, lo stesso dove lavora Giulia. Medico di "prima linea", ha l'intuizione che porta a stroncare sul nascere una pericolosa epidemia di malattia del sonno, piaga su piaga che affligge gli abitanti di una città già prostrata. Si trova a dover curare Loris, malato del suddetto morbo; di fianco a lui, ammette - con sè stessa, poichè l'uomo non può sentirla - di aver commesso un grave errore nel lasciarlo, in favore di un facoltoso avvocato (Luca, Vinicio Marchioni), un "figlio d'arte" che non può essere alla sua altezza - Sara è una donna dinamica, dalla forte tempra - e preferisce rifugiarsi in fantasie sessuali condivise con Mila (Elena Lietti), sua ex-compagna di liceo e timida moglie di Alfredo (Tommaso Ragno), uomo di teatro, decisamente eccentrico e dall'espressività debordante, ormai schiavo dei "like" sui social per ottenere consenso e rendita. Alfredo e Mila hanno un pessimo rapporto con il figlio adolescente, il quale cresce tra velleità di ribellione, satanismo d'accatto e disgusto per i genitori. Max Tortora interpreta Jacolucci, un imprenditore fallito, costretto a vivere in macchina insieme al cane, sua unica compagnia; l'uomo intravede la possibilità di apparire in TV per qualche istante, e poter denunciare le ingiustizie delle quali sarebbe rimasto vittima, ma si vede sottratta la scena da un immigrato africano con buona esperienza di vita in scarsità d'acqua, le cui parole sono ritenute più interessanti ed attuali; pertantoi matura un immotivato rancore nei confronti di quest'ultimo, che svanisce al primo contatto diretto, poichè l'immigrato non ha alcuna colpa per quanto di male accade in Italia. Chiude il repertorio il professor Del Vecchio (Diego Ribon), studioso veneto invitato a Roma per spiegare al pubblico televisivo cosa sta accadendo; l'uomo di scienza, travolto dal suo stesso successo e trasformato in personaggio televisivo ad uso e consumo dei media perde ben presto di vista lo scopo della sua presenza nella capitale, per vivere un'avventura con la faccendiera Valentina (Monica Bellucci). Il personaggio del professore ricorda i molti scienziati diventati uomini di televisione - quando non di spettacolo - in seguito all'esplosione dei contagi da Covid. Tra gli altri argomenti affrontati, abbiamo la critica verso l'eccessiva importanza data ai social media (storia di Alfredo); la crisi in cui versa il teatro contemporaneo, rappresentato come ripiegato su sè stesso ed incapace nella comunicazione - biridezionale - con il mondo esterno (simboliche le molte porte e la differenza di colori che ne distanziano l'ambiente dalle strade della città in sofferenza); l'ipocrisia della "bella gente", riccastri senza cuore che proseguono nel loro business incuranti del male che fanno alla città; la difficoltà nel rapporto genitori - figli, testimoniata dall'inadeguatezza di Alfredo e Mila; la sofferenza di chi è costretto per vivere a fare lavori "a chiamata", rischiando la salute, e spesso anche la vita, pur di rimanere sul pezzo; il ruolo del carcere e della pena nell'ottica della tensione "educativa" del condannato (per Antonio, il fine pena è ... mai, per la consapevolezza di ciò che ha fatto; ma c'è spazio e tempo per un ultimo gesto d'amore e redenzione); la difficoltà di intere fasce della popolazione, costretta a vivere in quartieri-ghetto, case occupate, autoveicoli. Nuove generazioni crescono in autonomia e con atteggiamento critico verso i loro genitori. I media non fanno informazione, ma spettacolo. La politica è ormai autoreferenziale ed auto-rigenerante, e non tiene conto degli interessi del popolo. Il cambiamento climatico. Tra gli attori, ho maggiormente apprezzato Valerio Mastandrea, "allineato" con la storia del suo Loris al decadente ambiente romano, alla guida di un'auto nata di lusso, ma ormai ventennale e ridotta a ferrovecchio, costretto a parlare con simulacri o fantasmi di vita passata; molto bravo anche Silvio Orlando. Fa tenerezza nel suo vagare in una città, un mondo che non riconosce più, con l'unico scopo di incontrare chi gli è rimasto caro nei molti anni trascorsi in carcere. Evocativa la fotografia, virante al "seppia" ed idonea agli ambienti polverosi. Di sicuro effetto la totale secca del fiume Tevere, il cui alveo è ingombro di rifiuti di ogni sorta, alcuni dei quali sono tanto vecchi da aver acquisito importanza storica. L'epilogo del film mostra la pioggia; un lungo, incessante temporale notturno, che spazza via la polvere, lenisce le preoccupazioni e le psicosi, inzuppa i pochi vincitori ed i molti perdenti nello spaccato di umanità dolente rappresentato dall'autore, ripristinando una sorta di equità che potrebbe essere considerata una buona base di ripartenza, per tutti. Paolo Virzì, per ovvie esigenze di tempi, non può approfondire ogni singolo tema. Non dice, in realtà nulla di nuovo, o di non condivisibile; alcuni argomentazioni paiono addirittura scontate; ma ha il merito di affrontarne ed incastrarne le trattazioni con sapiente bilanciamento, restituendo una toccante immagine della moderna società italiana, e di alcuni suoi tipi umani. Per questo motivo, sono rimasto soddisfatto della visione e sento di poter consigliare il film.
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