Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Se quello contro cui insorsero i giovani turchi della Nouvelle Vague venne definito «cinema di papà», questo di Pupi Avati è classificabile quanto meno come cinema di mammà. Chi ebbe a criticare le sdolcinature di Una gita scolastica, alla luce di La via degli angeli rialzerebbe le quotazioni del film del 1983. Pare che effettivamente la vicenda narrata nel film derivi dai racconti della madre del regista, ma questo allo spettatore interessa poco o niente, quando un'ostentata ricerca della poesia conduce a risultati tanto patetici. Ribadisco la mia gratitudine ad Avati per alcuni film di sicuro valore, primo fra tutti La casa dalle finestre che ridono, ma l'ennesima carrellata di macchiette che fanno sorridere solo chi se le racconta al bar (Margherita) è diventata ormai fastidiosa.
Quello che fa Avati alle soglie del duemila è un cinema che avrebbe intristito perfino Guido Gozzano e alla fine resta impressa la capigliatura alla polentina imposta a Carlo Delle Piane, attore che dopo avere tanto sbraitato nei film degli anni Cinquanta, a partire dagli Ottanta ha iniziato a recitare sempre sottovoce.
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