Regia di Pupi Avati vedi scheda film
La caratteristica forse più strana di questo romanzetto popolare 'alla Avati', intriso di nostalgia e 'senso della provincia', della piccola quotidianità e degli affanni e delle gioie del borgo, è la durata: due ore di lunghezza vanno oltre lo standard solitamente contenuto del regista bolognese. C'è da dire ad ogni modo che personaggi e situazioni non scarseggiano, percui la narrazione riesce a mantenere costante l'interesse dello spettatore, ma certo il complesso dell'opera si fa più dispersivo e la vicenda finisce per allargarsi in varie direzioni attorno alla strada principale, quella percorsa dalla modesta dattilografa Ines, innamorata di un ragazzo bello, ricco e senz'altro non molto intelligente. Vuole lo scherzo finale del destino che, una volta rifiutato, sarà lui a chiedere in sposa Ines, dopo tanto patimento della ragazza per riuscire a farsi - invano - considerare da lui. Oltre alla Cervi, apprezzabile, ci sono due attori molto cari ad Avati, ovvero Cavina e Delle Piane, musiche di un altro fedele collaboratore del regista, cioè Riz Ortolani, e la sceneggiatura porta la firma, altra certezza, dei fratelli Avati. La via degli angeli è inoltre dedicato alla madre dei due, che si era spenta pochi mesi prima. Non sarà un lavoro estremamente brillante od originale, ma è una soddisfazione sapere che esista un 'artigiano' che lavora a standard quantitativi elevati (un film all'anno!) e qualitativamente dignitosi, pressochè sempre ispirato, come Avati. 6/10.
Anni 30 nell'entroterra fra Emilia e Umbria. Una dattilografa si innamora del figlio del ricco padrone, ragazzo frivolo e noto tombeur de femmes, che però data la differenza di classe non la considera. La sua speranza finale di conquistarlo, fra stratagemmi e sotterfugi, risiede in un ballo che richiamerà partecipanti da tutte le zone limitrofe.
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