Regia di Al Bradley (Alfonso Brescia) vedi scheda film
Un pistolero ed un bandito messicano, un po’ carogna, decidono di prendere le difese di un gruppo di minatori, per strapparli al giogo del cattivo Ted Shore, e trarne ovvi vantaggi. Sancho si rivelerà uno sciacallo e la pagherà cara subito dopo aver gridato il titolo del film. Questo di Brescia è un film minore, fatto con buona artigianalità, ma che non dà più di tante soddisfazioni. Ci sono molte riprese virtuose, con camera a mano, che però non vengono esaltate dal montaggio spesso sconclusionato ed elementare, quasi da manuale. Bello l’inizio con il montaggio dei brutti ceffi della banda di Sancho, tale El Bicho, che si prepara ad attaccare la miniera del vecchio Spartaco Conversi. Battutona di Sancho che apre i titoli di testa, e poi giù a capofitto nello spaghetto più standard con qualche bella idea visiva buttata qua e là. Abbondano i ruoli carogneschi, ma nessuno riesce ad esserne all’altezza. Fernando Sancho è il solito bandito casereccio, spiritoso e viscerale. Conrado San Martín è il boss che muore ovviamente per ultimo, ma lungo l’arco della pellicola resta ingessato nel ruolo di faccendiere (di solito sono i peggiori ruoli da cattivo quelli degli affaristi tutti ben vestiti). Lucio Rosato ha il look giusto del killer spietato, ma non ha proprio il fisico del ruolo, e poi non gli viene dato chissà che spazio. Infine, Spartaco Conversi, proprio lui!, si rivela un impostore e la sua fine, che chiude il film, è la cosa più diversa e bella di tutta la pellicola. Altri momenti per cui vale il film è il duello finale tra Richard Wyler e San Martín. Tutti e due a terra, in ginocchio, a contendersi l’unica pistola possibile.
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