Regia di Salka Tiziana vedi scheda film
Un ecosistema umano immerso nel miraggio un po' selvaggio e un po' addomesticato di una foschia (effetto ottico) da calore naturale.
Letargo estivo in Sierra Morena: un’estivazione/diapausa forzata, data la canicola e la siccità, definita da un vento caldo e asciutto, che trasporta a centinaia di metri di distanza il costantemente incessante frinire cantato dei richiami d’amore che i maschi delle cicale intonano ad esca mimetizzati sulla corteccia e tra le flosce fronde degli alberi riarsi mosse proprio da quel cocente ed arido refolo andaluso-castigliano-estremaduregno che non incontra donchisciotteschi mulini a vento da trasfigurare, ma solo gli altissimi e bianchi tralicci delle linee elettriche aeree.
- “Mi vuoi bene?”
- “Sì”
- “Vuoi bene a Ole?”
- “Sì”
- “Vuoi bene a papà?”
- “Sì”
- “Ti vuoi bene?”
- “Dov’è Ole?”
Preparativi in loco (suocera e cognata spagnole in attesa di nuora e nipotini tedeschi: sistemazione di bucato e lenzuola, riempimento parziale della piscina, distribuzione del fieno all’armento) e avvicinamento da fuori. Passa mezz’ora senza che succeda alcunché. Incontro: check-in e sistemazione. Poi, ecco che ne passa un’altra, e le cose continuano a non accadere, ...ma con più ritmo. Fino a quando Ole, che poco prima ha quasi rischiato di essere dimenticato sul ciglio della strada durante una sosta fisiologica sulla via dell’andata, scompare, imbarcandosi a piedi sui sentieri roccioso-polverosi del posto - mentre il fratellino gemello e la loro madre, che prima fugge l’interazione col figlioletto inscenando un dormiveglia fasullo e poi richiede la presenza del secondo, conversano in tenera umbratile penombra attraversata da alcune lame di luce filtranti dagli scuri che bagnano i corpi e gli oggetti - in una piccola avventura (un serbatoio d’acqua in pietra nel bosco rado, un viadotto palcoscenico s’un adolescente gioco melmoso) in cerca di... [→] campo per riuscire a chiamare col telefono cellulare suo padre, che latita (in assenza, non più acuta presenza, fuori [←] campo).
«Dov’è scritto che sia così necessario che debba sempre accadere qualcosa sulla scena? Dal mio punto di vista succede moltissimo in ogni scena del film, e questo ha un effetto sulla temporalità dell’opera, perché mi interessa l’osservazione, e questa richiede un po’ di tempo. Quindi, se metti in fila tutto quello che avviene nel film, non sembrerà consequenziale, ma non era quello ad interessarmi, perché anche nella vita le cose non funzionano così, pur se non possiamo vedere la nostra vita come dentro lo schermo di un film.»
Dichiarazioni della regista rilasciate in occasione della partecipazione in concorso nel 2020 alla 45a edizione dell’irpino Laceno d’Oro (Festival del Cinema NeoRealista).
“Tal Día Hizo un Año”, l’opera prima (fra l'oggettiva irreale delle plongèe coi droni e la sgranatura del 16mm) nel lungometraggio (l’unica attrice professionista è Melanie Straub, la madre, mentre la fotografia è di Tom Otte e le musiche di Plastiq), dopo due corti, di (nome e cognome) Salka Tiziana (anche montatrice e produttrice), è l’esatta trasposizione del titolo (tradotto in inglese per il mercato internazionale col “sottilmente” diverso “For the Time Being”): il film è la mappa in scala 1:1 del tempo che quel giorno scorse.
«Questi ricordi non erano semplici: ogni immagine visiva era legata a sensazioni muscolari, termiche, ecc. Poteva ricostruire tutti i suoi sogni, tutti i suoi dormiveglia. Due o tre volte aveva ricostruito una giornata intera; non aveva mai esitato, ma ogni ricostruzione aveva richiesto un’intera giornata.»
Jorge Luis Borges - “Funes el Memorioso”, da “Artificios”, in “Ficciones” (1935-1944) - Einaudi, 1955 e Adelphi, 2003 (“Finzioni”).
Un ecosistema umano immerso nel miraggio un po' selvaggio e un po' addomesticato di una foschia (effetto ottico) da calore naturale.
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