Regia di Adalberto "Bitto" Albertini vedi scheda film
Un pizzico di avventura, uno di erotismo, qualche dialogo buttato lì a casaccio, una location esotica: ecco la formula del cinema di Adalberto 'Bitto' Albertini (e qui l'erotismo scarseggia, peraltro). Quindici anni da direttore della fotografia, fino alla metà degli anni '60: poi Albertini decide di passare alla regia e ne spende altri venti in sottoprodotti di limitatissima fantasia girati attorno al mondo, spesso da lui pure scritti (anche Zambo lo è), come se l'importante per lui fosse starsene lontano dall'Italia, non tanto realizzare un film (cosa peraltro confermata dalle doti bassine di regista). Zambo, il dominatore della foresta è inoltre un lavoro in odore di razzismo, farcito - si può intuire, in maniera del tutto involontaria, ingenua - di stereotipi sull'Africa e gli africani che non fanno onore all'autore. Il cast è davvero povero e questo è un ulteriore elemento a svantaggio della qualità della pellicola; il protagonista Brad Harris aveva trovato la sua massima gloria una decina di anni prima, all'epoca del filone mitologico; al suo fianco troviamo caratteristi di serie B/C come Raf Baldassarre, Daniele Vargas e la tedesca Gisela Hahn, che nel nostro cinema non ha lavorato granchè. In questo Zambo tutto sembra tirato via frettolosamente, colonna sonora (Marcello Giombini) compresa, un mix di strumenti esotici senza fantasia alcuna. 1/10.
Un uomo ingiustamente finito in carcere riescere a darsi alla macchia. Dato per disperso nella giungla, in realtà diventa una sorta di idolo per le popolazioni di indigeni locali, che lo chiamano Zambo, e un giorno viene a contatto con degli esploratori bianchi.
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