Regia di James Warren (Mino Guerrini) vedi scheda film
Uno dei primi horror, sulla scia de "L'orribile segreto del dottor Hichcok" (1962), a trattare il tema della necrofilia, inserito qui in un contesto thriller che molto deve sia a "Psyco" (Alfred Hitchcock, 1960) che a "L'occhio che uccide" (Michael Powell, 1960). Rifatto, in miglior modo, da Massaccesi nel 1979 come "Buio Omega".
In un asfissiante castello un giovane tassidermista, Mino (Franco Nero), vive ripetuti scontri verbali con la madre (Olga Solbelli). Motivo delle loro discussioni è la nuova ospite del maniero: Daniela (Erika Blanc), fidanzata di Mino, prossima alle nozze quindi causa prima non solo della morbosa gelosia materna, ma in grado di attirarsi anche le invidie di Marta (Gioia Pascal), governante di famiglia da sempre innamorata di Mino. Proprio quest'ultima decide di attuare un piano criminale per elimare le due principali contendenti e legare così, sentimentalmente, a sé il ragazzo. Manomette i freni della macchina di Daniela provocandone la morte, quindi dopo un'accesa lite uccide anche l'anziana madre di Mino, facendola precipitare dalle scale. Mino, che ha assistito all'incidente di Daniela senza immaginarne la vera causa, sconvolto ne recupera il cadavere portandolo a casa per poi imbalsamarlo. Tra la governante e il giovane si instaura così uno strano rapporto di complicità che si rinforza ulteriormente quando Marta scopre che Mino, ormai completamente impazzito, non solo è ossessionato dal corpo inanimato della fidanzata, ma è diventato anche uno spietato assassino.
Il terzo occhio: Franco Nero
Né più né, né meno, la stessa storia alla base del successivo Buio Omega (1979), considerando anche il risvolto finale con l'entrata in scena della sorella gemella del cadavere conservato in camera, mortuaria e al medesimo tempo da letto, di Mino. Pur con tutti i suoi filtri - attenuanti visive, tagli dovuti a imposizioni di censura - che ne rendono talvolta quasi incomprensibile il senso, come già era accaduto a Freda in occasione de L'orribile segreto del dottor Hichcok (1962), Il terzo occhio anticipa l'agghiacciante tema della necrofilia, intesa nella sua degenerazione più perversa (l'accoppiamento sessuale con un corpo privo di vita) che verrà esplicitamente espressa a livello cinematografico intorno ai primi anni Ottanta sia da Massaccesi (nel citato remake Buio Omega), sia dalla corrente splatter tedesca con a capo Jörg Buttgereit, autore di un ambo apicale sull'argomento (Nekromantik, 1987 e Nekromantik 2, 1991). Mino Guerrini (1927 - 1990), ex pittore, in precedenza già attore ed esordiente regista con la commedia Su e giù (1965), avrebbe affrontato il genere solo e soltanto in questa specifica circostanza, privilegiando altrimenti tematiche lievi, quando non di pura commedia (sua, ad esempio, la revisione in chiave decamerotica della "trilogia della vita" pasoliniana). Proprio il tema inusuale del lungometraggio, vero e proprio tabù (ancor oggi tale, al pari del "sesso bestiale" o del "sesso con le macchine") trattato a fondo nello "Psychopathia Sexualis" di von Krafft-Ebing, è quello che rende piuttosto triste e angosciante il racconto adattato sullo schermo dallo stesso Guerrini, assieme al prolifico Piero Regnoli. I crediti de Il terzo occhio millantano inesistenti riferimenti alla cronaca tardo-medievale, in particolare relativi alla figura di Gilles De Reys (1404 - 1440): nessun collegamento, nemmeno accostabile lontanamente, esiste tra la vicenda di fantasia raccontata nel film e il terribile pedofilo sanguinario, al quale vengono accreditati almeno 140 delitti. Il tema particolarmente forte passa però in secondo piano, dato che Guerrini si trova (fors'anche per libera scelta) nella condizione di mantenere l'elemento macabro sotto traccia. La produzione (Donato e Carpentieri) opta per riciclare la colonna sonora di Francesco De Masi già utilizzata da Freda ne Lo spettro (1963), stabilisce location di comodo (Villa Parisi, in prossimità di Roma) e impone un budget contenuto, costringendo a girare in bianco e nero (i citati film di Freda, di quattro anni precedenti, sono a colori). Anche il cast artistico è composto da volti poco noti o, in caso contrario, addirittura estemporanei al ruolo d'attore: Franco Nero (molto convincente nella parte del romantico impazzito) sarebbe diventato celebre solo dopo; idem per Erika Blanc; nei panni di una sensuale comparsata, come ragazza da Night Club invitata a casa da Mino, troviamo invece il nome dell'epoca più famoso, quello di una "signorina buonasera", la presentatrice RAI Marina Morgan. Ingaggiati come unità aggiuntive alla regia figurano Ernesto Gastaldi (sceneggiatore infaticabile, penna preziosa per i generi cinematografici italiani) e Ruggero Deodato ("Monsieur Cannibal", 1939 - 2022). Molto ben fotografato, Il terzo occhio riesce a farsi seguire con interesse senza mai, però, creare quel profondo senso di disagio che invece emerge, irrefrenabile, dalla visione del ben più ritmato e spettacolare rifacimento massaccesiano.
Il terzo occhio: Marina Morgan
Parafilia necrofila
"Si è soliti attribuire il primo uso del termine necrofilia nella sua accezione moderna allo psicologo belga Josepeh Guislain, che cita il termine in un discorso del 1850 in riferimento al necrofilo francese François Bertrand, condannato per aver riesumato e mutilato dei cadaveri nei cimiteri di Parigi. L'ufficializzazione del termine, però, è arrivata con gli scritti di Richard von Krafft-Ebing presenti nel suo celebre trattato 'Psychopatia Sexualis'. In psichiatria questo disturbo, che rientra tra quelli annoverati in passato nelle cosiddette 'deviazioni sessuali', attualmente è definito con il termine di 'parafilia': ciò indica che l'anormalità riguarda l'oggetto da cui il soggetto è attratto. Ad oggi gli studi scientifici sulla necrofilia sono marginali, in parte perché questa rappresenta un tabù anche culturalmente troppo forte, in parte perché davvero attiene ad una gamma di manifestazioni molto rare. Nel 2009, Anil Aggrawal, un professore di medicina legale presso il Maulana Azad Medical College di Nuova Delhi, ha proposto un nuovo sistema di classificazione della necrofilia, descrivendola, tra l'altro, come 'una delle pratiche più strane, bizzarre e disgustose della sessualità perversa e anormale'. Il sistema in dieci livelli descritto nel suo libro 'Necrophilia: Forensic and Medico-Legal Aspects' rappresenta ad oggi l'approccio più dettagliato sul tema. In un articolo di Daniel Oberhaus dal titolo 'La piccola morte: la vita e gli amori di un necrofilo', il giornalista riporta alcuni stralci di un'intervista al professore in cui lo stesso gli avrebbe riferito che 'La difficoltà principale [nello studio della necrofilia] è la mancanza di letteratura e di un numero sufficiente di casi'. Daniel Oberhaus ci racconta che, a differenza dei precedenti tentativi di classificare la necrofilia, come nello studio del 1989 di Jonathan Rosman e Phillip Resnict i quali distinguevano tra due tipi di necrofilia, 'necrofilia genuina' e 'pseudo-necrofilia', Aggrawal ha rilevato l'esistenza di un ampio spettro di tendenze necrofile. Attingendo a decine di casi provenienti da tutto il mondo, il sistema a più livelli di Aggrawal analizza infatti ogni sfaccettatura, dalle 'semplici' fantasie agli atti estremi di necrosadismo. La prima categoria, che include i giochi di ruolo 'necro-romantici' e le persone che fantasticano sulla necrofilia, è composta da soggetti con una devianza sessuale che non corrisponde alla violazione della legge a cui normalmente associamo tale parafilia. Si tratta di persone che traggono eccitazione da situazioni in cui il partner si finge morto, o che ricorrono a giochi di ruolo basati sulla resurrezione attraverso il sesso. Nella seconda categoria vengono fatti invece rientrare i 'romantici', che non riescono ad accettare la perdita di una persona amata, esattamente come è successo nel caso di una vedova che venne trovata addormentata accanto al cadavere in stato di decomposizione avanzata del marito. I 'fantasticatori' sono coloro che appartengono alla terza categoria, si eccitano fantasticando sulla morte; i loro comportamenti vanno dal recarsi abitualmente a funerali e presso i cimiteri, al fare sesso in presenza di una bara o ricavare piacere dalla vista di immagini di cadaveri. Da qui in poi si inizia a parlare della necrofilia vera e propria, ovvero di persone che hanno rapporti sessuali con i morti. La classificazione di Aggrawal individua una serie di modi per soddisfare questi impulsi, passando da coloro che hanno uno stimolo sessuale solo toccando i morti (categoria IV) a quelli che mutilano i cadaveri mentre si masturbano (categoria VI) fino ad arrivare ai necrofili omicidi (categoria IX) che sono così disperati da arrivare a uccidere per avere rapporti con un cadavere. Secondo Aggrawal un soggetto può passare da una categoria all'altra in un'escalation nel corso del tempo. Nel suo libro cita numerosi casi di individui che dopo aver iniziato a manifestare fantasie sulla necrofilia hanno scelto lavori che li avrebbero messi regolarmente in contatto con cadaveri per poter trasformare quelle fantasie in realtà."
(Claudio Mangolini e Flaminia Bolzan) [1]
Il terzo occhio: fotobusta
Critica
"I componenti del cosiddetto 'Gruppo Forma 1' composto da pittori, scultori e scrittori, annovera fra le sue file anche Mino Guerrini che, una volta abbandonata la pittura, si dedica al cinema su vari fronti, dalla sceneggiatura alla regia fino ad arrivare a qualche prova d'attore. Il regista, dopo le prime pellicole girate agli inizi degli anni '60, fa uscire nel 1966 (con lo pseudonimo inglese di James Warren) uno dei suoi film più celebri, 'Il terzo occhio', opera lontana dal resto della sua produzione. Film insolito per l'epoca, il tema della necrofilia è narrato con eleganza soffusa, un vedo non vedo orrorifico in un crescendo di morbosità, audace anche per la sua carica erotica ai limiti della censura. Il rapporto quasi incestuoso tra madre e figlio è la base solida per le turbe del protagonista, ossessionato dalla morte come dalla vita in un'ambivalenza di sentimenti contrastanti, un'allucinazione continua ad occhi aperti. L'amore qui è in grado di generare un'armonia di colori devastanti, utili solamente a soddisfare la sete di un demone malvagio che riposa a fianco della pazzia, sensuale e perversa."
(Claudio Mangolini e Flaminia Bolzan) [2]
"Un film morboso e claustrofobico, ben fotografato da Sandro D'Eva (Sandy Deaves), soprattutto dotato di grande atmosfera horror. Il regista ci presenta situazioni morbose con personaggi complessi che vivono flussi di odio e di amore reciproco, cala molto bene l'azione nel melodramma gotico, reso intenso da una struggente colonna sonora. Peccato che la seconda parte della storia sia più prevedibile e che gli omicidi del serial killer risultino ripetitivi. Guerrini realizza un lavoro a imitazione di Hitchcock, ma prende molto anche dagli horror gotici di Freda e Bava, riuscendo a tratti a risultare piacevole e a ritagliarsi una propria originalità."
(Gordiano Lupi) [3]
"I personaggi e il modo in cui vengono presentati sono tipici del melodramma gotico, come anche le enfatiche sottolineature dell'incessante colonna sonora che immerge le situazioni in un magma sonoro ribollente e suggestivo. Il film, però, esaurisce presto la sua carica: la cameriera uccide la futura sposa provocandole un incidente d'auto (le ha danneggiato i freni, rivelando una competenza meccanica rara nei personaggi femminili cinematografici) e nello stesso pomeriggio, mentre Mino rincorre la fidanzata per farla restare, ammazza anche la contessa spingendola, più tradizionalmente, giù dalle scale. Terminata questa fase, il film si trasforma in un sub-Psyco, con Mino che, rimasto solo, dà fuori di testa e affianca la sua passione tassidermistica con gli omicidi seriali di prostitute e stripper. La cameriera se ne accorge e gli promette silenzio e fedeltà in cambio del matrimonio. Lui accetta e il ménage si prospetterebbe ottimale se non arrivasse improvvisamente la sorella (la stessa attrice) della ex promessa. La storia non aveva benzina per un lungometraggio, ma il film presenta diversi momenti memorabili e gode di un'atmosfera generale positivamente opprimente. Guerrini realizza un riuscito incontro tra imitazione hitchcockiana (il serial killer dominato dalla mamma e con la passione per la tassidermia) e l'imitazione fredo-baviana (l'atmosfera gotica, i personaggi cupi e melodrammatici) con spruzzate da puro sexy-proibito primi anni '60 (lo strip nel night con gli adesivi neri giganteschi sulle tette della spogliarellista). Pur essendo un po' noioso nella parte centrale, il film sorprende oggi per la sua originalità nel panorama dell'horror italiano dell'epoca. Franco Nero non è perfetto nella parte, ma a tratti è efficace ed è curioso vederlo nei panni del serial killer."
(Rudy Salvagnini) [4]
"Gli scenari del gotico possono essere tanto reali quanto mentali, e in quest'ultimo caso il terrore e l'inquietudine nascono dal modo in cui l'individuo legge ed elabora il mondo: una prospettiva abbracciata da Bava (che in La frusta e il corpo sviluppava con abilità l'ambiguità tra terrore soprannaturale e degrado psichico) e da Freda, con L'orribile segreto del dr. Hichcock. La medesima deriva ritorna, accentuata, in pellicole che costeggiano e talora rileggono da una prospettiva originale gli stilemi del genere, con un'aperta consapevolezza delle implicazioni freudiane relative alle angosce che descrivono. Accade in due gotici sui generis, pochissimo visti all'epoca come Il terzo occhio (1966) di Mino Guerrini e Più tardi, Claire più tardi... (1968) di Brunello Rondi. Pur assorbendo temi, ritmi e vezzi tipici del gotico coevo - dal doppio alle impennate melodrammatiche, dal recupero del tema musicale di Franco Mannino per Lo spettro all'uso di pseudonimi anglofoni - il film di Guerrini si concentra sulla mania necrofila del giovane nobiluomo Mino (Franco Nero) - il quale trafuga il cadavere dell'amata e lo imbalsama per poterlo avere sempre nel proprio letto, salvo ritrovarsi davanti la gemella della defunta - con un'insistenza inusitata. Mino è un antieroe poeiano fuori dal tempo, come lo è il suo mondo: l'hobby della tassidermia, destinato a sfociare nella necrofilia, non fa di lui un semplice emulo di Norman Bates, ma rispecchia la sua appartenenza a un ordine sociale marcescente e retrivo, incapace di adattarsi al presente. La fatiscente villa circondata dall'erba alta in cui Mino vive con la madre e la governante è la reliquia di un mondo scomparso, assediata da un presente sempre più intrusivo; e il groviglio di passioni da feuilleton che fa capo al giovane - l'amore per una ragazza di ceto sociale inferiore ostacolata dalla madre di lui, come in un aggiornamento del matarazziano I figli di nessuno, e le speculari mire della governante, che aspira alla scalata sociale impalmando Mino - è virato in chiave malsana, con un continuo rimpallo/contrasto con la contemporaneità che genera disagio e disgusto. In un contesto sociale caratterizzato dalla liberazione sessuale e dalla disgregazione della famiglia - pochi mesi prima I pugni in tasca metteva in scena un contesto domestico non meno putrescente del film di Guerrini - l'anormalità del protagonista è ancora più stridente. Laddove in L'orribile segreto del dottor Hichcock la necrofilia era un'aberrazione coltivata in un contesto repressivo come quello vittoriano, per Mino rappresenta un impossibile ritorno a un passato ideale in cui la donna è ancora e solo una presenza passiva e inerme. D'altro canto, il mostruoso matriarcato concentrazionario di Il terzo occhio, con la madre strega Olga Solbelli rimpiazzata dalla moglie e surrogato materno Gioia Pascal, è una miniatura teratologica del pantheon uterino di 8 e 1/2, con Franco Nero coccolato e preservato dal mondo esterno come Marcello Mastroianni nei flashback onirici felliniani."
(Roberto Curti) [5]
Il terzo occhio: scena
Visto censura [6]
Presentato in Commissione di revisione cinematografica in data 19 febbraio 1966, Il terzo occhio viene bocciato alla Iª sezione poiché "contrario al buon costume. Esso presenta infatti, oltre a varie scene di nudi femminili quasi completi e di amplessi eccessivamente manifesti, episodi di necrofilia, primi piani di scene orripilanti di sangue e di violenza brutale presentate con vero sadismo e con una protrazione nel tempo da denunciare un senso di compiacimento da parte dei realizzatori. Tutto ciò in un racconto a sfondo diseducativo senza possibilità di riscatto."
Il nulla osta (n. 46555) arriverà in data 29 marzo 1966, dopo che la produzione ha accettato di alleggerire il film, apportando due tagli, pari a 17 metri di pellicola:
- 1) rimozione dei primi piani durante la seconda parte dello spogliarello, in cui la donna appare - a distanza ravvicinata - col seno quasi scoperto;
- 2) eliminazione della sequenza in cui i due amanti, a letto, si abbracciano ripetutamente in un lascivo trasporto erotico.
Inevitabile il divieto ai minori di 18 anni, "data la tematica del film che illustra una catena di tenebrosi delitti, concepiti ed attuati in un clima psicopatico, e dalle numerose scene di violenza accentuate da crudo e macabro verismo (basti citare, a questo proposito, l'uccisione della vecchia contessa nella sua parte finale, l'uccisione a coltellate della governante ecc.)."
Metri di pellicola accertati: 2373 (87'30" a 24 fps).
NOTE
[1] [2] "Passione nera - I volti della violenza nel cinema italiano d'autore" (Edizioni Il Foglio), pag. 120 - 121; 124 - 125 - 134 - 135.
[3] "Storia del cinema horror - Da Mario Bava a Stefano Simone", vol. 1° (Edizioni Il Foglio), pag. 99.
[4] "Dizionario dei film horror" (Corte del Fontego), pag. 707.
[5] "Fantasmi d'amore - Il gotico italiano tra cinema, letteratura e TV" (Lindau), pag. 258 - 259.
[6] Dal sito "Italia Taglia".
Il terzo occhio: fotobusta edizione francese
"Per necrofilia si intende l'amore per tutto ciò che è violenza e distruzione; il desiderio di uccidere; il culto della forza; attrazione per la morte, per il suicidio, per il sadismo; il desiderio di trasformare l'organico nell'inorganico attraverso l'«ordine». Il necrofilo, privo delle qualità necessarie per creare, nella sua impotenza trova facile distruggere perché per lui serve solo una qualità: la forza."
(Erich Fromm)
Il terzo occhio (Mino Guerrini, 1966)
F.P. 24/07/2023 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 83'21")
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