Se siete in cerca di un western classico imperniato su un non meno classico dramma giudiziario, ecco una perla di cui sarebbe un vero peccato perdere le tracce, ecco il “filmone” che si beve tutto d’un fiato, un prodotto raffinato ed emozionante realizzato da un maestro del genere. La sceneggiatura è impeccabile. Attraverso le udienze di un tribunale militare, si racconta una vicenda criminale che vede imputato un sergente di colore. La ricostruzione dei fatti è meticolosa, gremita di colpi di scena e nuove scoperte. John Ford lascia la sua Monument Valley sullo sfondo. La leggendaria location è onnipresente, ma in primo piano vengono messi temi come il razzismo e la condizione femminile. Il regista western per eccellenza continua a dipingere Indiani d’America crudeli e selvaggi, persiste nella sua visione di un esercito a stelle e strisce coraggioso e imbevuto di sani valori morali, ma imbastisce una trama che affronta sentimenti umani tutt’altro che superficiali. Oggi, la recitazione degli interpreti può legittimamente apparire datata, artefatta e forse sorpassata. Resta tuttavia impressa nella memoria la ieratica presenza di Woody Strode, certamente non il più raffinato degli attori, ma volto e corpo straordinario di un grande cinema che fu.
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