Regia di Elliot Silverstein vedi scheda film
cult personale di quando ero piccolo, rivisto non ha perso un grammo del fascino che lo contraddistingue. dalle polveri e dalle rocce di un deserto americano, spunta una magnifica macchina. non ha marca, non ha targa e ha un look particolarissimo. la macchina si presenta dalle parti della cittadine di sant ynes e comincia a fare strage di abitanti. sant ynes è la tipica cittadina americana, bellina, in ordine e gli sceneggiatori si affannano a renderci partecipi della vita dei suoi abitanti e dei vari problemi. come in ogni piccolo nucleo, tutti conoscono tutti e soprattutto i poliziotti. c'è il buzzurro burino che maltratta la moglie, c'è il poliziotto che è riuscito a debellare il demone dell'alcol, c'è il nostro protagonista che solo con due figlie, deve far accettare la nuova compagna alla prole. ma questo bolide maledetto viene a scompaginare la quiete della comunità, falcidiando giovani e vecchi e, risvegliando vizi che si pensavano appartenenti al passato, con un solo spauracchio; i simboli cristiani. il suolo consacrato di un cimitero è per questa inquietante presenza meccanica apparentemente indistruttibile, come l'aglio per i vampiri. va detto che la trama è quella che è e lasciando correre che i morti investiti, spatasciati dopo voli di centinaia di metri da ponti sono praticamente integri, il film chiede di essere visto per questo macchinone nero, che si ricostruisce e addirittura si pulisce anche da solo. vi sono anche scene molto belle come quella in cui a rimetterci le penne è un poliziotto con la macchina nera che lo spinge lentamente verso il dirupo, chiudendogli lentamente e delicatamente la portiera con il muso. effetti speciali vintage, ma efficaci nel finalone e il look della macchina che non invecchierà mai.
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