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Al bar dello sport

Regia di Francesco Massaro vedi scheda film

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La recensione su Al bar dello sport

di maso
8 stelle

La storia di un film è spesso legata alla congiunzione di due carriere attoriali nel loro momento migliore, è proprio il caso di "Al bar dello sport" ambientato in una ridente Torino nel fiore degli anni ottanta in cui un Lino Banfi ormai maturo per essere inserito nella lista dei migliori comici di sempre e un Jerry Calà in crescita professionale diventano gioco forza complici di una vincita miliardaria al totocalcio: Lino ha partorito dodici risultati mentre Parola, così soprannominato per il suo mutismo da trauma, gli ha fornito il risultato che alza la quota, un 2 a 1 esterno del Catania in casa della Juventus che si sarebbe verificato nella realtà circa venticinque anni dopo.              

La storia è tutta incentrata sulla convivenza di questi due personaggi circondati da amici e parenti avvoltoi che vogliono scroccare oltremodo i soldi della vincita per cui la strana coppia fa di tutto per mascherare l'evidenza fino al giorno dell'incasso ed è bello vedere una perfetta alchimia svilupparsi fra due attori provenienti da epoche diverse: veterano Banfi, attuale per il tempo Calà in più quest'ultimo non proferisce verbo per tutto il film e gioca la carta della sua comicità attraverso la mimica facciale e corporale incastrandola con quella più vulcanica e classica di Banfi. 

A mio avviso ci sono due scene molto divertenti che certificano come la scelta di accostare questi due attori molto diversi sia stata azzeccata: la consegna della schedina al notaio che assomiglia all'ispettore Kojak, quando Banfi lo centra con un portacenere in piena fronte la risata nasce spontanea e la sequenza del siero della verità in cui Banfi è incontenibile, alle domande a raffica degli amici affamati di denaro risponde "Segno zodiacale?" - "Vergine, ascendente discendente" - "Attrice preferita?" - "Edwige Fenech" -  "Attore preferito?" - "Max von Sidow" finchè Calà interviene quasi impazzito per salvarlo in zona Cesarini.

Curiosa la presenza di Mara Venier nel ruolo della barista quasi fidanzata di Banfi, si sa che la bella Mara fu moglie di Calà per un anno e nel film non stanno quasi mai insieme nel frame tranne che nel tratto conclusivo della scena sopra citata del siero della verità: nel momento in cui Parola da da intendere di essere lui il possessore della schedina si avvicina alla cassa con un fiore, lo dona alla Venier che sorride lusingata ma appena preso in mano il fiore si piega e lui la guarda con un espressione eloquente di scherno, come a dire chi me lo ha fatto fare nella realtà di mettermi con te o anche mai lo rifarei.

Il film scorre leggero e piacevole verso un finale "d'azzardo" e devo dire che regia e fotografia sono di buon livello per una commedia all'italiana, genere solitamente scarsissimo sotto l'aspetto tecnico.

La sequenza cult è quella in cui Banfi ascolta la radio e osserva la televisione per sapere gli esiti delle partite sottolineando il tutto con le esultanze dei giocatori storici di quegli anni come Juary che girava freneticamente intorno alla bandierina del corner, la trance da vincita al totocalcio lo porta a mangiare una saponetta e bere l'acqua nella vasca delle tartarughe.

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