Regia di Ainhoa Rodríguez vedi scheda film
MUBI
Quello di Ainhoa ??Rodríguez è un esordio in regia che rivendica secoli di soprusi e ingiustizie perpetrate ai danni della categoria femminile. Lo stile a metà strada tra la narrazione e il documentario si esplicita con una recitazione scientemente improvvisata che pare manifestare al meglio la rabbia e la nevrosi che induce molte tra le donne di un paesino sperduto a ribellarsi alla sudditanza dei loro mariti-padroni.
Una sera in riva al mare due donne si insultano amichevolmente e volgarmente quasi per farsi coraggio e decidere di emanciparsi.
In tv la giornalista di un canale locale intervista un vecchio padre di famiglia abbandonato dalla moglie, ma poco dopo udiamo una voce roca di donna che commenta con disprezzo le falsità che l’uomo pronuncia nel programma, convinto di fare breccia sul pubblico e guadagnando un poco di compassione.
Una giovane donna un po’ matta e mitomane racconta le sue avventure amorose non lesinando particolari, ma lasciando trapelare la disperazione di una donna considerata da tutti la matta del paese, e per questo emarginata.
Ad un tè a casa di una donna anziana, le amiche coetanee ascoltano i ricordi drammatici di un tempo in cui la donna era bambina e viveva in una casa circondata dal terrore per una figura paterna autoritaria e violenta, che viveva come un dittatore verso cui inginocchiarsi e subire.
Si può continuare a vivere così? Certamente no, e questo spinge molte tra le donne di questo paesino sperduto nel nulla a ribellarsi a un simile gioco tiranno e molesto.
Il malessere è diffuso e diventa intollerabile, in questi non-luoghi dove l’isolamento emargina e soggioga al livello di serve, designate da una tradizione maschilista deviata e fuori da ogni etica e moralità.
Con questo fulminante e folle Destello bravío, la sceneggiatrice e regista esordiente Ainhoa ??Rodríguez dirige un’opera ove la drammaticità degli eventi (ovvero dei mancati eventi in grado di emancipare la donna e il preciso ruolo che merita in una società che si possa definire moderna ed occidentale, quale essa dovrebbe essere), si trasforma in un esilarante processo di rivoluzione con effetti scenografici per lo più grotteschi, per quanto meritati e doverosi.
Tra surrealismo e umorismo marcato e gradasso, il film riesce a sviscerare tutto il profondo risentimento che la categoria femminile ha maturato in secoli di un vera e propria segregazione. Riuscita a sopravvivere indenne ai preconcetti di una civiltà che, solo poco distante, appare ormai aperta alla piena parità dei diritti e delle opportunità alla base di ogni realtà “occidentale”.
Ed è proprio questo stile digrignante, focoso e per nulla riflessivo che fornisce carattere ad un film che se ne infischia di rispettare le regole di una opportuna narrazione lineare. Per privilegiare l’esternazione dei sentimenti più vitali che animano queste donne inquiete e risolute, disposte a tutto pur di rivendicare i torti subiti. Non solo durante la loro esistenza, ma anche quelli delle antenate, rese succubi e schiave da troppa ottusa prevaricazione maschilista.
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