Regia di Jonas Poher Rasmussen vedi scheda film
CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: FLEE
È difficile definire e spiegare cosa sia Flee. Forse la migliore sintesi è vedere le sue nominations all’Oscar. Miglior Documentario, Film d’Animazione, Film Straniero.
È il giusto mix per raccontare la toccante e dolorosa storia di un giovane profugo afgano di nome Amin.
Fin dal titolo che evidenzia la parola Fuga. Fuga dalla sua casa, dal suo mondo, dalla sua vita, dalla sua famiglia, da sé stesso.
Flee è introspezione, è un’analisi dentro il proprio io nascosto, cementato e protetto da tutto quello che di brutto c’è lì fuori.
Che dolore nasconde questo ragazzo afgano perfettamente inserito nella realtà danese, che vive un amore omosessuale bello e intenso che sarà coronato a breve dal un matrimonio.
Flee è una confessione del protagonista al regista di tutto quello che ha tenuto dentro, di un dolore immenso e forte da tenere taciuto pure all’uomo che ama forse per paura di perderlo.
Il regista per preservare la delicatezza del racconto decide di rappresentare la storia come un cartone animato morale intervallato da immagini reali di taglio documentaristico proprio a conferma della verità di quelle parole.
Il film lo segue dall’infanzia felice e spensierata sulle note di Take on Me degli A-Ha e indossando i vestiti della sorella, senza pensare minimante quale fosse la sua natura anche se provasse una forte attrazione fisica verso Jean-Claude Van Damme.
Poi Flee prosegue il suo viaggio verso un’ipotetica libertà come un percorso formativo. Un percorso di crescita e consapevolezza che vede coinvolti tutti i membri della famiglia, Dalla Mamma, alle sorelle fino ai 2 fratelli autentici maestri di vita.
Toccante e poetica la sua iniziazione e scoperta della propria omosessualità in un locale gay svedese.
Il vero paradosso è che Flee, visto adesso, è un profondo atto di denuncia contro i talebani e la società russa che sono tornati alla ribalta proprio in questi mesi.
Faccio i mei personali complimenti al regista Jonas Poher Rasmussen per la delicatezza con cui ha raccontato un percorso emotivo molto travagliato e per come ha poi raccontato questa storia d’amore omosessuale mettendo in risalto come l’amore alla fine sia l’unico percorso di pace possibile in questo mondo di guerre.
Voto 8,5
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