Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
FESTIVAL DI VENEZIA 78 - CONCORSO
"Vita e morte di una martire."
Pablo Larrain continua (accidenti a lui!! ma è un parere strettamente personale quest'ultimo) la sua "collana" biopic dedicandosi a quelle donne famose che ritiene eroine del proprio tempo.
Ed ecco che dopo Jackie, è il turno di Lady D. Incurante di quanto sia già stato detto e ricavato al cinema e per la TV sulla storia tormentata e certo seguitissima inerente la vita a corte della "principessa triste", Larrain ci racconta la sua versione, forte di una interprete indubbiamente azzeccata, e di una regia attenta e scrupolosa degna della sua fama di grande cineasta.
Quello che non va, anzi non "mi" va, è questa considerazione da donna martire con cui viene spesso "riveduta e corretta" (ma non solo da Larrain, a dire il vero) la capricciosa e idolatrata Spencer, ridicolmente autoproclamatasi nel film la moderna Anna Bolena.
Si, proprio lei, la regina del '500 moglie e protagonista di una vita a corte quella si davvero tribolata e generatrice di sviluppi storici determinanti, tra cui uno scisma religioso dalla chiesa romana, nonché consorte di un re dal piglio piuttosto riottoso e caratteriale come fu Enrico VIII: ma quando mai! Si farebbero solo complimenti al buon Carlo che tutto sarà fuori che un cuore di leone paragonabile al suo avo. Rendere martire Lady D. che di certo ebbe il carattere di impuntarsi ai dettami ed ai rigori di una monarchia tra le più inflessibili e rigorose mai esistite, è indubbio.
Ma farne una eroina è altrettanto un insulto nei confronti delle molte donne che, al contrario della principessa, hanno sofferto e sono morte per una ragione davvero ben più meritevole di stima e riconoscimento, lasciando da parte i media e la mediocrità di cui spesso costoro si rendono portavoce. Il film si crogiola su situazioni imbarazzanti, come il rituale delle feste natalizie, durante le quali la donna decide di restare la principessa del popolo, ma non quella di corte.
E su simbolismi stucchevoli, come l'utilizzo di un vecchio cappotto di famiglia finito a vestire uno spaventapasseri. Sciocchezze, tante sciocchezze e frivolezze filmate bene, con classe, ma senza che se ne possa trovare una giustificazione meritevole per un regista che meriterebbe potersi dedicare a ben altre storie, e ben diverse inquietudini.
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