Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Come fare un film asfissiante su un personaggio asfissiato dal suo mondo, perennemente fuori posto, e mettere quello stesso personaggio sempre al centro, nello schema di un’immagine, nella composizione arty di una camera fissa, adesa a un volto o lanciata su un dolly asettico. Ogni inquadratura in Spencer sottolinea, nella consueta tendenza di Larraín di non fidarsi dello spettatore, di farsi sentire e dire allo spettatore cosa provare. Un sistema quasi terroristico che illude di osservare delicatamente un personaggio che non sa far altro che esplodere in varie isterie la cui natura è sempre lampante e chiara, senza zone d’ombra.
Kristen Stewart non sa contenersi e viene lasciata all’overacting, classico caso in cui uno sguardo basta a fare un intero spiegone. Stewart trasforma la rivalsa di Lady D (che nel film trova la sua liberazione) in un’esibizione che ha poco più degli arzigogoli di Ema, o delle retoriche di Jackie. E il sottotesto moralista di un mondo regale asfittico, reso da un Timothy Spall sprecato, è la ciliegina sul compitino estetizzante di un autore che trasforma il gesto cinematografico in vano ammiccamento.
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