Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Diana Spencer (Kristen Stewart) toglie i vestiti da uno spaventapasseri in mezzo a un prato, mette in imbarazzo il personale al suo servizio con domande inopportune, inverte i vestiti da usare durante le cerimonie, protesta quando i figli devono andare a caccia, si ferisce volontariamente con una pinza, distrugge la collana di perle che Carlo le ha regalato, perché sa che l’amante di lui ne ha un duplicato uguale. La pellicola ricostruisce in maniera allegorica i giorni di Natale, passati nella residenza di Sandringham House, in cui Diana, principessa del Galles, decide di lasciare suo marito. Nel clima ingessato della dimora di campagnia, in cui tutto è calcolato al millimetro per esaudire desideri e prevenire gesti inopportuni, in cui i rituali sono una sorta di religione, Diana irrompe come una specie di rockstar annoiata e ribelle, nevrotica, aliena allo spazio che la circonda, pronta a far saltare il banco in qualunque momento, a mandare ogni formalità all’aria. Non si crede, però, che il regista Pablo Larrín abbia voluto dipingere una immagine biografica in senso stretto, quanto, piuttosto, cogliere il senso di un disagio profondo e paradossale: mostrare come anche la ricchezza, la fama, il prestigio, possano diventare pesanti fardelli quando ci tolgono il bene più prezioso, ovvero la libertà. Messaggio forse non molto originale, ma che nel film non appare mai retorico. Se Diana fu una bambina viziata in un mondo di adulti, una persona autentica dentro un contesto fasullo, che semplicemente aveva sbagliato strada, o un po’ tutte queste cose, ciascuno può giudicarlo a modo suo. Le ultime immagini ce la regalano, in un raro momento di serenità, mentre mangia del pollo fritto su una panchina insieme ai suoi figli.
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