Regia di Vincenzo Salemme vedi scheda film
Da tempo non mi facevo una cartata di sane risate con Vincenzo Salemme, certe sue commedie sono fantastiche ma spesso il suo riproporsi (e riproporle) al cinema le svuota di personalità rendendole pure macchiette fini a se stesse.
Questa pièce nata per il teatro, per quanto apparentemente esile, si regge in autonomia con una storia che intriga, addirittura con messaggi etici, infinite frecciatine al malcostume, un’analisi quasi chirurgica di usi e abitudini becere tutte nazionalpopolari.
Poi c’è lui, Salemme, coi suoi calembour dialettico letterari a riempire da soli spazi e tempi (il monologo finale sul nonno - sui titoli di coda - vale da solo quasi l’intera visione del film).
La storia è quella di Ottavio, un professore di latino e greco, persona semplice e pacata, al quale, per errore, viene impiantato il cuore di un camorrista temuto e sanguinario, la cui mamma crede che possa continuare a vivere anche nel corpo di un altro, per potersi così vendicare.
Da questo semplice escamotage, deriva una narrazione fluida e divertente - di chiaro stampo teatrale -, ma in grado di reggere i ritmi e la variabilità di una messa in scena cinematografica, corredata da tutta una serie di personaggi calati perfettamente nella struttura, in grado di sorprendere, divertire, commuovere anche.
I Verdone e gli Albanese dovrebbero prendere lezioni periodiche da questi artisti in grado di farti sbellicare di cuore, anzi, con tutto il cuore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta