Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film
Al di là del fatto che allo spettatore moderno questo film possa apparire particolmente sfiancante per la sua lentezza, resta un'opera ammirevole per diversi motivi: il naturalismo nell'ambientazione e nella recitazione; la compostezza, l'austerità e il pudore delle inquadrature; la critica, sommessa ma decisa, alla famiglia partiarcale. Lontano da ogni schematismo, curatissimo nell'evoluzione di psicologica dei personaggi, riesce a far valere le ragioni della donna senza calpestare quelle dell'uomo e suggerisce come la grettezza domestica sia spesso diretta conseguenza delle ristrettezze economiche. E', come tutti gli altri film di Dreyer, una sobria ed accorata preghiera contro l'oppressione, l'ottusità, i dogmi che mortificano gli istinti vitali delle persone. Lo stile è già maturo e rigoroso, anche se lontano sia dallo sperimentalismo sfrenato di Giovanna D'Arco e Vampyr, sia dalla fertile complessità di Dies Irae e Ordet, e si potrebbe semmai ricondurre (nella sua essenzialità) al tardo e senile Gertrud. Diversamente dai successivi capolavori del danese, qua la mdp è ancora pressochè ferma, bloccata su piani medi, parca nell'utilizzo del montaggio alternato, ma impeccabile nel sottolineare psicologie e comportamenti con la forza dei dettagli e dei primi piani che si fanno via via più frequenti man mano che la sofferenza dei personaggi prende piede.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta