Regia di John Carpenter vedi scheda film
Anche i maestri fanno passi falsi. Ma questo risulta più grave proprio in virtù delle aspettative dello spettatore nei confronti di grandi professionisti come Carpenter. Insomma in Villaggio dei dannati Carpenter si muoveva in un terreno a lui familiare: una comunità minacciata, una minaccia invisibile che prende forma stavolta in un gruppo di minacciosi pargoli, una soluzione drastica per riuscire a scongiurare il pericolo. Però tutto sembra raffazzonato e davvero lontano anni luce dalla credibilità. Cominciamo con il protagonista, il povero Christopher Reeve, qui ad uno degli ultimi ruoli prima del tragico incidente: ebbene a parte la scelta del protagonista (che più che un medico, poi anche insegnante sembra uscito da una sessione di body building, con le camicie che stentano a contenere i poderosi muscoli) il personaggio risulta insipido e poco comprensibile nella sua “evoluzione”, capiamo da subito che sarà lui l’eroe che potrà salvare la comunità ma cade più volte nell’assurdo il suo comportamento. Talvolta interviene per cercare di sedare il problema, talvolta lo evita e soprattutto ci mette 6 anni per capire che pensando al mare o ad un muro può schermare la lettura del pensiero da parte dei ragazzini. Altrettanto ridicola la figura della dottoressa Verner che naturalmente per studiare un cadavere alieno se lo tiene in un laboratorio che sembra una baracca, peraltro conservato come se fosse un barattolo di cetrioli sottaceto. Non parliamo poi dell’evoluzione dei bambini presso la comunità: avvengono suicidi o potenzialmente omicidi, un gruppo di bambini identici e albini si muove per la città in modo spettrale e dove sarebbe la sorpresa? Un intero paese ci mette circa 6 anni per capirne la minaccia? Si rimpiange tanto il ritmo di bei film firmati dal regista, che qui si concede anche un cameo nella parte iniziale del film, ma che sembra aver diretto senza alcuna ispirazione.
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