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Villaggio dei dannati

Regia di John Carpenter vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Villaggio dei dannati

di Lina
7 stelle

Ignoravo che questo film fosse il remake di una pellicola del 1960 (che poi ho voluto recuperare). Confronti a parte, mi ha coinvolta subito, l’ho trovato intrigante e suggestivo. Ha mantenuto sempre alta la mia attenzione, lasciandomi però con l’amaro in bocca oltre che con il fiato sospeso.

 

È una caratteristica della maggior parte degli horror lasciar morire i personaggi uno dopo l’altro, però questo esagera al punto da rendere la trama sconclusionata.

 

Mi aspettavo di più, ma lo spettacolo è comunque inquietante e fa venire i brividi anche solo a livello grafico e scenografico. Indimenticabili i volti dei bambini-alieni dai capelli bianchi e gli occhi cerulei fluorescenti. Ben congegnate le loro caratterizzazioni di creature prive di emozioni e sentimenti, che però vivono in simbiosi – fatta eccezione per quello che perde la propria compagna, conoscendo così il dolore e la nostalgia. Mi è piaciuto il modo in cui vengono rappresentati, come parti inscindibili di un’unica entità piuttosto che come esseri singoli, dalla personalità differente. Richiamano alla mente le antiche teorie dell’Uno dei filosofi greci.

 

La sceneggiatura è ben curata in ogni dettaglio, regalandoci perfette atmosfere dark da incubo, dialoghi incisivi, ambientazioni cupe, scenografie impeccabili e una colonna sonora adeguata.

 

Carpenter si lascia apprezzare con uno stile semplice eppure accattivante, che attinge velatamente da Hitchcock, adattando il romanzo di John Wyndham a una realtà-incubo cinematografica conforme al genere thriller-fantascientifico cui appartiene, con ovvie e geniali spruzzate di orrore vecchio stampo veramente godibili.

La tensione psicologica è di prima qualità e gli enigmi genetici gustosi, di sicuro suscitano curiosità generando una serie di riflessioni e quesiti sulla diversità, sui fenomeni paranormali e sull’amore materno talmente incondizionato da potersi rivelare pericoloso e fatale.

 

La messa in scena è efficace ed elettrizzante, sebbene il cast scelto non si amalgami bene – alcuni interpreti come Christopher Reeve e Kirstie Alley, per quanto bravi e carismatici, a me non hanno convinto del tutto. Mi sono apparsi un po’ fuori parte o fuori contesto in quest’opera non veramente nelle loro corde, sebbene io debba ammettere, che il Dottor Alan Chaffee (interpretato dal succitato Reeve) è il personaggio più interessante della storia con il suo spirito mediatore e i suoi vari tentativi di comprendere le menti degli alieni, per poter stabilire con loro una convivenza pacifica.

Si arriva a un punto in cui perfino lo spettatore spera di veder nascere un barlume di umanità e amore in questi esseri glaciali.

 

L’aspetto introspettivo è piuttosto irrisolto, come pure quello narrativo e alcuni elementi primari della storia non vengono approfonditi a dovere. Rimane tutto un po’ superficiale, oscuro e confuso, come se fosse lì più che altro per fare scena anziché per dare un senso alle tragedie che si consumano una dopo l’altra in una cittadina della California.

 

L’invasione aliena avanza spietata a Midwich, prendendo le sembianze di un gruppo di bambini simbolo di innocenza, che invece manipolano le menti umane (forse anche quelle degli spettatori, che non sanno se provare disprezzo o empatia per loro), in primis quelle delle loro madri, generando nella piccola città profondo sconforto generale e impotenza. E sino alla fine, la prevaricazione distruttrice di questi extraterrestri sembra aver la meglio, scatenando involontari impulsi suicidi e una silenziosa e graduale guerra per il potere, che solo Alan riuscirà a vincere, ma non senza sacrificare la sua stessa vita per la causa.

 

Il finale drammatico ci sta tutto, ma lascia in sospeso la questione dell’invasione aliena in altre parti del mondo, come una brutta pseudo realtà futuristica.

 

Un’opera in definitiva contorta, ricca di ambiguità e tematiche sconnesse tra loro che però danno vita a uno scenario gotico riuscito.

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