Regia di Adrian Langley vedi scheda film
Una coppia di fratelli a dir poco sciroccati al centro di un horror che riporta sullo schermo le atmosfere di Non aprite quella porta, anche per l'ambientazione temporale di metà Anni '70. Prevedibile ma ben costruito. Produttore associato, figura anche uno dei fratelli Onetti (Nicolás).
Dopo aver eseguito rito funebre in maniera iconoclasta, per la scomparsa della madre, i fratelli Watson - Owen (Simon Phillips) e Oswald (Michael Swatton) - aggrediscono una coppia di sventurati viaggiatori, rimasti a piedi con la macchina. L'uomo viene ucciso, mentre la ragazza tenuta prigioniera in una stalla. Alcuni mesi dopo due giovani coppie, composte da Steven, Mike, Jenna e Taylor, sono in transito sulla stessa strada isolata e sperduta tra i boschi. Anche loro rimangono a piedi: Mike e Taylor decidono di incamminarsi per raggiungere il Watson's garage, un'officina notata durante il transito ma colgono ben volentieri l'occasione per darsi ad un amplesso, tradendo i rispettivi partners. Amplesso interrotto dall'arrivo di uno dei fratelli Watson. I Watson infatti sono feroci serial killer che si dilettano, senz'altro motivo che dare in pasto la carne umana ad un "presunto" bue, nel catturare, fotografare e uccidere, torturandoli prima a lungo psicologicamente, occasionali passanti.
"Diventerai famosa, apparirari su quei poster di persone scomparse attaccati ovunque." (Owen rivolto a Celeste, prima ragazza rapita)
Ormai non si contano più i remake, ufficiali o meno, di Non aprite quella porta (Tobe Hooper, 1974) ma in questo caso le capacità di Adrian Langley - impegnato sin dal 2002 su set cinematografici in prevalenza come operatore alla macchina ma anche produttore, sceneggiatore e ovviamente regista - riescono a rendere interessante il prevedibile soggetto. Gli attori, tra i quali l'eclettico Simon Phillips (anche lui produttore, sceneggiatore e regista da lungo corso), riescono a tratteggiare profili credibili e soprattutto mai banali. Il "doppio" tradimento tra le due coppie, l'ambientazione retrò (da Anni '70), l'ottima fotografia e in genere i curati costumi e oggetti di scena anacronistici (la primordiale polaroid e la Chevrolet Montecarlo '81) contribuiscono a rendere interessante il girato. Una narrazione suddivisa in tre atti (The beggining of the end, The middle of nowhere e The end is here) è al servizio di un prodotto nel quale, a differenza di quel che ci si potrebbe aspettare, la violenza fisica, presente in veloci e realistiche scene splatter, passa in secondo piano rispetto a quella psicologica che pervade sin dall'inizio l'intero film. In questo senso profetica appare la frase "Il silenzio è d'oro", pronunciata da Owen a Celeste durante i primi dieci minuti e anticipatrice di una targhetta decorata con una lingua umana - che comparirà solo in chiusura - sulla quale è inciso il proverbio. Come produttore associato compare il nome di Nicolás Onetti, uno dei due fratelli argentini impegnati da anni a realizzare film molto originali, in omaggio al cinema giallo italiano.
Citazione presente nel film
(dall'Amleto di William Shakespeare)
"Essere, o non essere, questo è il dilemma:
se sia più nobile nella mente soffrire
colpi di fionda e dardi d'atroce fortuna
o prender armi contro un mare d'affanni
e, opponendosi, por loro fine? Morire, dormire…
nient'altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse sognare. Sì, qui è l'ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale?"
"Non c’è speranza duratura nella violenza, soltanto un temporaneo sollievo dalla disperazione." (Kingman Brewster Jr)
Trailer
F.P. 20/01/2021 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 92'48") / Data del rilascio USA (streaming): 12/01/2021
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