Regia di Audrey Diwan vedi scheda film
Un vero e proprio "caso" cinematografico questo "L'evenement" che é stato tradotto con "La scelta di Anne", anche se avrei preferito la traduzione letterale "L'evento" che é stata data al romanzo originario di Annie Ernaux. Vincitore di un Leone d'oro assegnato all'unanimità dalla giuria presieduta da Bong Joon-Ho, battendo avversari del calibro di Sorrentino, Almodovar e Jane Campion, é la storia di una ragazza ventenne nella Francia del 1963 che resta incinta dopo un rapporto occasionale e decide di abortire, superando le enormi difficoltà che questa scelta implica in un'epoca in cui l'interruzione clandestina della gravidanza era ancora punita come un reato. È una cronaca sofferta, una sorta di calvario che sposa completamente la causa della protagonista anche se, come é stato giustamente osservato da qualche critico, non mira a creare un sentimento di empatia nello spettatore, poiché pone continuamente l'accento sugli aspetti anche dolorosi e sgradevoli che questa situazione comporta per il personaggio, che non potrebbe continuare a fare una vita normale come ragazza madre e non dubita neppure un attimo sulla giustezza della propria decisione. Con un'attenzione maniacale, quasi ossessiva alla fisicità dell'attrice Anamaria Vartolomei, una franco-rumena per noi inedita ma che si dimostra ampiamente all'altezza del difficile compito che le viene affidato, la regista Audrey Diwan sembra avere le idee molto chiare sulla messa in scena con macchina a mano molto "à la Dardenne", di cui impiega anche uno dei loro attori feticcio, Fabrizio Rongione, rinnovando il potenziale espressivo di scelte estetiche che nel caso dei registi belgi hanno condotto a veri e propri capolavori del cinema europeo degli ultimi venti anni. Il film, apparentemente privato e non politico, ha una carica di denuncia almeno uguale a quella di "Vera Drake" e di "4 mesi, 3 settimane e 2 giorni", anche se a mio parere non eguaglia la genialità e la radicalità di sguardo del film di Cristian Mungiu. Fra i caratteristi ho molto gradito la presenza nel ruolo della madre di una matura ma sempre intensa e duttile Sandrine Bonnaire, attrice feticcio del cinema francese impegnato degli anni 80/90, soprattutto di Pialat e Chabrol. E resta l'interesse per una regista poco nota ma già capace, al secondo film, di un'opera forte e dura che scuotera' le coscienze di molti su un tema ancora molto controverso.
Voto 8/10
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