Regia di Audrey Diwan vedi scheda film
Quel coacervo di cinefili sussiegosi che, pur avvicendandosi di anno in anno, da sempre caratterizzano la giuria di Venezia, non poteva mancare l'obiettivo anche per il 2021: quello di assegnare il premio sulla base di criteri che, all'occhio del dilettante, sembrano imperscrutabili. Cos'hanno in comune Lebanon, Somewhere, Faust, Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza, Ti guardo, The Woman Who Left e Nomadland, se non il fatto di parlare un linguaggio filmico anodino, di durare spesso spropositatamente e di avere ritmi che sembrano pensati per conciliare il sonno? Non fa eccezione questo La scelta di Anne, che fa il paio con Il segreto di Vera Drake, Leone d'oro - quello sì, meritato - nel 2004, per il tema. Che è quello dell'aborto clandestino. Siamo nella Francia dei primi anni Sessanta. Anne (Anamaria Vartolomei, bellissima e intensa) è una ragazza volitiva, che vuole a tutti i costi - nonostante la modesta condizione sociale di provenienza - portare a termine i suoi studi universitari di letteratura. Ma per lei arriva un ostacolo improvviso: rimane incinta e non sa come liberarsi del feto, giacché all'epoca l'aborto in Francia era considerato illegale e punito col carcere. Scansata dalle amiche, ingiustamente additata come una ragazza facile, Anne cercherà a tutti i costi di raggiungere il suo obiettivo.
Ciò che lascia stupefatti del film di Audrey Diwan è il registro totalmente monocorde con cui è raccontata la vicenda - tratta dal romanzo autobiografico L'evento (2000) di Annie Ernaux - che viene spogliata completamente da ogni riferimento storico (in assenza di previa documentazione, la collocazione storica può essere indovinata soltanto dall'abbigliamento, le suppellettili domestiche e le auto dell'epoca). Né le cose sembrano funzionare meglio sul piano estetico: le riprese abusano della macchina a spalla, viene impiegato un inutile formato in quattro terzi e inserite ridicole didascalie sul rapporto dispotico tra docenti e discenti (ma è pur vero che il maggio francese è ancora lontano…). Il risultato è un film a teorema, girato in maniera dozzinale e sideralmente lontano non solo dal capolavoro di Mike Leigh, ma anche da 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, altro gioiello sullo stesso tema dell'aborto clandestino.
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