Regia di Quentin Dupieux vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE
Una coppia di coniugi di mezza età senza figli decide di comprare una nuova casa singola e circondata da un grazioso giardino.
Impiegano poco tempo a decidere di comprarla, incuriositi vieppiù da uno strano particolare che l'agente immobiliare mostra loro, considerandolo una sorta di innocuo ma originale valore aggiunto dell'immobile.
Scendendo attraverso una botola presente nella cantina, i due coniugi, inizialmente riluttanti, scoprono di ritrovarsi in una sorta di dimensione alternativa.
L'agente spiegherà loro che si trovano nello stesso luogo da dove sono entrati, ovvero nella medesima casa, ma in un lasso di tempo che precede l'ingresso di circa dodici ore.
Increduli, impossibilitati a trovare una spiegazione, i due fanno buon viso alla alternativa offerta, ma quando la moglie (Léa Drucker)nota la differenza tra una mela marcescente e la stessa mela ritornata nelle sue mani perfetta dopo un passaggio nella botola, ecco che una scintilla brilla nel cervello della donna, intenzionata a sfruttare quell'inspiegabile paradosso temporale, come una sorta di mezzo per ottenere dapprima il ringiovanimento, poi una sorta di progetto di immortalità.
Circostanza che, tuttavia, lascerà piuttosto perplesso il pacioso marito (Alain Chabat), mentre una sorta di famelica voglia di ringiovanire renderà isterica e fuori controllo la consorte, ringiovanita ma costretta ad un ricovero dopo ripetute crisi di nervi.
Le vicissitudini dei due si alternano a quelle di un'altra coppia (Benoit Magimel e Anais Demoustier) in crisi per le difficoltà erettili di lui a contrastare il desiderio sempre più senza freni di lei.
Il prolifico e sempre folle Quentin Dupieux ci ha ormai abituato, nel suo frenetico sfornare di opere corte e dalla narrazione veloce, a due filoni di filmografia: quella legata ad avvenimenti e situazioni che vedono coinvolti strani personaggi o esseri mostruosi (Rubber, Mandibules, il recente Fumer fait tousser, visto Fuori Concorso a Cannes 75), e quella legata alle nevrosi della vita moderna che genera forme di mostruosità, maniaci depressi, assassini seriali e altre "irresistibili" deviazioni nell'essere umano coinvolto in questa metamorfosi di sopravvivenza (penso a Wrong, ad oggi ancora il più geniale capitolo della filmografia di Dupieux, ma pure Wrong Cops, Réalité, Au poste, e senz'altro Doppia pelle).
Incroyable mais vrai appartiene pienamente a questo secondo filone.
Ne emergono nevrosi incontrollate ogni qualvolta la coppia viene a contatto con una soluzione certamente in grado di scuoterla dai problemi che la assilla, ma al punto da crearne altri più grandi che portano fuori controllo la lucidità dei singoli, fino alle estreme, spesso esilaranti conclusioni.
Ammirevole, prima di tutto, risulta la capacità del regista di contraddistinguersi per una narrazione che procede per sintesi, riuscendo a districare il racconto entro durate che mai e poi mai oltrepassano gli ottanta minuti.
In secondo luogo non si può fare a meno di notare la complicità che Dupieux riesce a instaurare con i suoi attori, riuscendone quasi sempre ad esaltare le qualità recitative, anche e soprattutto quando coinvolti in situazioni fuori dall'ordinario, assurde o decisamente impossibili.
La fotografia appare, come e più del solito, particolarmente trasandata e sbiadita, secondo un taglio ed uno stile che fa di tutto per risultare fatto in casa e quasi improvvisato.
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