Regia di Julia Ducournau vedi scheda film
Un incubo sanguinoso, espressionista ed esasperato da parte di una regista belga che non conoscevo, che ha vinto a sorpresa la Palma d'oro a Cannes assegnata da una giuria presieduta da Spike Lee e ha spaccato in due fazioni nettamente contrapposte la critica. Opera volutamente sopra le righe, che se ne frega della coerenza narrativa e dell'inverosimiglianza palese di certe soluzioni del plot per arrivare al nocciolo di una visione carica di angoscia di un futuro mostruoso in cui l'Uomo ha perduto il contatto con se stesso e con l'Ordine naturale, ovviamente debitrice di suggestioni dal cyber punk e dal body horror alla Cronenberg, soprattutto "Crash". La protagonista Alexia viene violentata da un'automobile, rimane incinta portando avanti la gravidanza di un essere misterioso e nel frattempo si fa passare per il figlio scomparso da anni di un pompiere disperato che per andare avanti si fa iniettare steroidi anabolizzanti. Julia Ducournau propone una visione destabilizzante, in parte respingente con alcune scene in cui Alexia diviene una serial killer per motivi piuttosto oscuri che saranno facilmente tacciate di estremismo gratuito, ma a mio parere la pellicola, che ovviamente è una grande metafora sulla confusione tra Uomo e Macchine nell'immaginario collettivo contemporaneo e sulla confusione e contaminazione tra i generi in una società dove si affaccia la possibilità di un'identità di genere non binaria, risulta formalmente molto stimolante, con una regia a tratti ingegnosa e comunque competente pur nel suo assillo di provocazione. Le scene di omicidio sono molto forti, in particolare quella accompagnata da "Nessuno mi può giudicare" di Caterina Caselli, ma comunque nulla più di quanto un appassionato di horror contemporaneo possa digerire; la fotografia gioca su un'illuminazione irrealistica ed effettata che non manca di andare più volte a segno e il contributo degli attori é generalmente valido, soprattutto l'androgina protagonista Agathe Rousselle e un Vincent Lindon dalla maschera prosciugata e dalla dizione quasi bressoniana. A mio parere la Palma d'oro é stata decisamente generosa ma il film non è privo di originalità e di qualità di scrittura che lo faranno apprezzare soprattutto dagli spettatori meno legati all'ideologia e più propensi all'invenzione visionaria di stampo distopico.
Voto 7/10
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