Space Sweepers, Jo Sung-hee, 2020
La space opera pian pianino inizia a prendere forma pure nell'Estremo Oriente e dopo il blockbusterone cinese The Wandering Earth (firmato da Frant Gwo) tocca ai coreani rispondere presente con questo Space Sweepers, diretto dal poliedrico Jo Sung-hee (celebre per A Werewolf Boy, una sorta di Twilight in grado di ammaliare milioni di ragazzine locali).
Il film in esame è una sorta di compendio del genere e presenta un gran numero di richiami abbastanza espliciti ma gestiti con dovizia a partire dall'imprescindibile critica sociale nonostante sia inserita in un contesto complessivamente "sereno" alla volemose bene.
A proposito di richiami risulta interessante evidenziare una serie consistente di rimandi all'animazione giapponese (ricordo che il nostro Jo Sung-hee ha iniziato dirigendo Manhwa -cartoni animati- per bambini).
Innanzitutto pensiamo alla professione dei nostri protagonisti; loro sono degli spazzini spaziali e quindi il pensiero va subito dritto a Planetes, capolavoro di Gor? Taniguchi dove appunto i protagonisti sono un team di spazzini spaziali. Planetes non è l'unico anime citato o quantomeno rievocato nel film. Il capitano Jang in passato era una nota pirata spaziale in lotta contro una potente corporazione e qui possiamo citare Capitan Harlock o ancora l'eterogeneità dei gruppo protagonista richiama Cowboy bebop fino ad arrivare ad echi di Ghost in the Shell o ancora l'immancabile nemico che brama di distruggere la terra (topos dell'animazione tipica del super-robot).
Facendo un passo indietro è doveroso soffermarsi sull'apparato critico; la terra è un pianeta sull'orlo dell'estinzione (ovviamente colpa dell'uomo) e solamente una piccola élite societaria è riuscita a trovare riparo presso una Marte colonizzata (protetta da una sorta di scudo/ecosistema tale da ricordare il Cilindro di O'Neill) mentre il restante 95% della popolazione è destinata ad una morte atroce (discorso simile per tutti coloro che provano ad emigrare nel nuovo paradiso in quanto i terresti ormai non hanno nessuno diritto e quindi vengono falcidiati dai proiettili dei poliziotti).
Aspetto concettuale simile ad Elysium di Neill Blomkamp; Blomkamp preso d'esempio anche per la rappresentazione del design dei poliziotti spaziali la cui corazza iper-tecnologica è simile a Chappie (Humandroid).
Chiuso il discorso richiami Jo Sung-hee dimostra di sapere gestire bene un budget importante regalandoci diversi momenti da Sense of wonder, dall'inizio cyberpunk post-apocalittico (terra in rovina) all'epica spaziale visionaria e spumeggiante; splendida la gara di velocità tra le varie navicelle degli spazzini spaziali, intenti a recuperare un mega detrito.
Ottima anche la gestione e composizione del cast tra cui segnalo Kim Tae-ri (da molti ritenuta essere la nuova diva del cinema coreano) a Kim Mu-yeol (The Gangster, the Cop, the Devil) oppure la leggenda Yoo Hae-jin (è il doppiatore dell'androide Bubs).
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