Regia di Paolo Genovese vedi scheda film
SANZA INFAMIA E SANZA LODE (Dante Alighieri - Canto III dell'Inferno)
Ho visto, in sala ovviamente, il film ieri sera: sanza infamia e sanza lode...
Sarà che mi aspettavo qualcosa di diverso, ma mi ha un po' deluso: la tematica trattata é molto "delicata" (anche considerando le vicende personali del figlio del regista, responsabile della morte di due giovani ragazze a Roma), parlandosi di "morte", per di più provocata direttamente, insomma si parla di suicidi.
I quattro personaggi sono un po' (troppo) paradigmatici: il motivatore (un calzante Valerio Mastandrea) che non trova in sé le ragioni per continuare a vivere e dovrebbe darle agli altri (ed in parte ci riesce pure: vedi Lukas che si esibisce nella stazione della metro); l'atleta (una credibilissima Sara Serraiocco), eterna seconda, che si rifugia su una sedia a rotelle per sentirsi protetta; il bambino (Gabriele Cristini, sicuramente "in parte", ma quando recitano i bambini/ragazzi, mi chiedo sempre se l'esperienza - alla fine - per la loro giovane psiche possa essere "traumatica") che viene "sfruttato" dai genitori per fare soldi e non si accorgono delle sue sofferenze e difficoltà a presentarsi come un fenomeno da baraccone; la donna che ha perso una figlia adolescente (l'immensa Margherita Buy) e non trova più le ragioni per andare avanti; su tutti poi, fermati un secondo prima di uccidersi, "vigila", per dare loro una seconda possibilità, Toni Servillo (un gigante), sorta di angelo o/e Mefistofele che li induce a ripensare alla loro esistenza ed a come sarebbe il mondo senza di loro, sperando che trovino in loro stessi delle buone ragioni per continuare a vivere.
Francamente il tutto - insolita, tra l'altro, l'ambientazione romana, che sembra una copia della Los Angeles di "Blade Runner", cupa e piovosa, mentre il romanzo da cui è tratto il film, scritto dallo stesso regista, è ambientato, se non sbaglio, a New York: la pandemia, forse ha ridimensionato tutto) - mi è sembrato troppo didascalico e, in un certo senso, "scontato", un po' troppo telefonato.
Mi è piaciuta molto la scena di Roma vista dall'alto e delle luci, dopo che era stata lasciata al buio dall'angelo (!?) accompagnatore degli aspiranti suicidi, che indicavano le persone felici: molto poche, che si spegnevano/accendevano continuamente.
La felicità, infatti, non è una condizione che si può acquisire una volta per tutte: ogni giorno va conquistata e bisogna trovare in noi stessi la forza di andare avanti, anche quando tutto sembra buio.
Una luce, prima o poi, si accende e ci guida nell'oscurità della vita.
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