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Il primo giorno della mia vita

Regia di Paolo Genovese vedi scheda film

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La recensione su Il primo giorno della mia vita

di diomede917
6 stelle

CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: IL PRIMO GIORNO DELLA MIA VITA

Quando lessi per la prima volta il libro di Paolo Genovese “Il Primo Giorno della mia vita” nel lontano ormai 2018 pensai che la storia nascesse in antitesi con il successo di The Place del 2017.

Nel film un gruppo di persone disperate sottoscrivevano un accordo mefistofelico con uno strano signore, dentro uno strano bar per poter ottenere una vita all’apparenza migliore.

Nel libro, che è ambientato a New York, uno strano signore si presenta nella vita di un gruppo di persone disperate nel momento preciso del loro suicidio. Chiede loro una settimana di tempo e di limbo per riflettere sul gesto estremo, per poter ripensarci e darsi una seconda opportunità di vita. Al termine di quella settimana torneranno nel momento preciso del gesto estremo e potranno decidere.

Ne è passata di acqua sotto i ponti, Paolo Genovese ha attraversato un dramma personale che penso abbia fatto riflettere sul tema delle seconde opportunità e inoltre il Covid ha costretto il regista a rinunciare alla coproduzione internazionale e ambientare il film in un Roma quasi post apocalittica.

Sinceramente Paolo Genovese è stato molto bravo a non farci sentire la mancanza di una location come New York presentandoci questa Roma senza spazio e senza tempo, dove piove tanto e finalmente non si vede il Colosseo da ogni angolo che la racconti.

L’UOMO della morte, che non si sa se è un angelo alla Frank Capra oppure uno alla Wim Wenders, vaga per la città con una Volvo Station Wagon con l’autoradio che va ancora con le musicassette rigorosamente Jazz, che forse è la colonna sonora ideale per chi ha un’anima sospesa tra la voglia di morire o di vivere.

I 4 disperati sono Arianna, una poliziotta devastata dalla morte della figlia sedicenne che fa solo il turno di notte come fosse un Taxi Driver qualunque col chiaro intento di non dimenticare il ricordo del dolore; il motivatore Napoleone, la persona che dà una ragione di vivere a chiunque che vive dentro di se un malessere interiore tipico di chi è arrivato al proprio capolinea; l’eterna seconda Emilia, Ex campionessa di ginnastica artistica stufa di collezionare medaglie d’argento e uomini di altre donne rimasta paralizzata dopo un incidente “di lavoro”; Daniele, bambino prodigio capace di ingurgitare tutto quello che è commestibile diventando un fenomeno web grazie a un video virale messo su Youtube dal padre trasformandolo piano piano in un bidone dell’umido vivente.

Paolo Genovese detta il tempo raccontandoci questi 7 giorni con un day by day ben preciso, facendoci percorrere anche a noi il percorso di questi quattro disperati che forse si sono pentiti o forse no.

Onestamente non so quali attori internazionali avesse avuto in mente il regista ma il cast che ha scelto è decisamente tutto in parte.

Da Toni Servillo portiere d’albergo delle anime perse a Valerio Mastandrea motivatore senza motivazioni entrambi bravissimi nella scena, in forte debito col Sesto Senso, nella quale i due si confrontano con la moglie di Napoleone al ristorante.

Bravissima Margherita Buy alla quale spetta la scena più difficile del film, quella della descrizione della morte della figlia che denota una disperazione senza retorica.

In linea con i propri ruoli sia Sara Serraioco che il piccolo Gabriele Cristini.

Nonostante sia un film che si guarda benissimo in tutte le due e che in più situazioni tocca le corde giuste, Il primo Giorno della mia vita ha comunque un qualcosa di freddo.

Non so se sia il senso di Deja Vu con The Place ma vi è un qualcosa che ti prende ma non ti trasporta, un po’ come mi successe con Supereroi (altro film tratto da un suo libro).

Come se nel passaggio dalla carta stampata allo schermo si perdesse qualcosa.

Diciamo Bene ma non benissimo

Poi è chiaro, ce ne fossero sempre di film così al cinema.

Voto 6,5

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