Regia di Luigi Petrini vedi scheda film
Gioie e dolori, in verità poche le prime e parecchi i secondi, di due amici che procacciano donne facili per i turisti della Roma notturna godereccia.
Presumibilmente l’obiettivo principale di questa pellicola è quello di fornire un contraltare, si potrebbe dire un controcampo usando una metafora cinematografica, del ritratto della Roma notturna fornito da Federico Fellini ne La dolce vita (1960); da questo punto di vista senz’altro Una storia di notte ha più di un motivo di interesse e risulta un’opera quantomeno ambiziosa. Ma attenzione: al netto dei lustrini, degli abiti eleganti e dei flash folgoranti dei fotografi su via Veneto, il film del regista riminese era già di per sé un profondo atto d’accusa verso la degenerata realtà contemporanea della godereccia Capitale di notte: il suo Marcello Rubini è un antieroe, un perdente senza speranze, perfino un miserabile agli occhi di sé stesso – e tali sono del resto i protagonisti di Una storia di notte, opera prima del regista Luigi Petrini, da lui stesso scritta insieme a Tonino Ricci e a Renato Caldonazzo (anche montatore del film). Certo, qui le atmosfere tendono più allo scavo sociologico in odore di Pasolini – ma appena l’odore, nulla di più; però le affinità tra i due lavori, a conti fatti, risultano maggiori delle divergenze tra gli stessi. Lo dichiara anche la didascalia di apertura: ciò che il film racconta è assolutamente verosimile, altroché; e la sequenza iniziale, quella del clown, è probabilmente la cosa migliore di tutto il lavoro. L’esordio di Petrini delude un po’ sul piano del ritmo: la storia non decolla mai realmente e questo anche per via di certe situazioni abbastanza stereotipate e prevedibili; ciononostante il regista ha a disposizione un cast di buonissimo livello nel quale risaltano i nomi di Scilla Gabel, Saro Urzì, Philippe Leroy, Sylva Koscina, Isa Miranda, Umberto Rocco ed Enzo Cerusico. Non male anche le musiche, che in effetti recano la firma di Armando Trovajoli. 4,5/10.
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