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Army of the Dead

Regia di Zack Snyder vedi scheda film

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La recensione su Army of the Dead

di supadany
5 stelle

A furia di affrontare nuove sfide, sul lavoro così come nella sfera privata, può arrivare un momento che richiede di effettuare un pit stop. Di fermarsi e riflettere, guardandosi alle spalle per riordinare le idee e capire che direzione intraprendere, cambiando aria per scrollarsi di dosso le scorie prodotte da anni vissuti intensamente, tra grandi successi e polemiche furiose.

Così, con Army of the dead, Zack Snyder riparte dal via, da quegli zombie che, con L’alba dei morti viventi, nel lontano 2004 gli aprirono le porte del successo (i passi successivi furono 300 e Watchmen).

Nel frattempo, il contesto globale e cinematografico è profondamente cambiato, lo stesso regista classe ’66 ha maturato esperienze significative e trasversali, cosicché questa incursione nel cinema di genere ammucchia istanze e modalità espressive, trascurando la continuità e le mezze misure, tra svarioni inconsulti e impennate improvvise.

In seguito a un incidente occorso a un convoglio militare, Las Vegas viene messa in quarantena per arginare un’epidemia che ha trasformato tutti i suoi abitanti in zombie.

Mentre il governo si appresta a risolvere il problema radendo al suolo l’area, il miliardario Bly Tanaka (Hiroyuki Sanada) offre a Scott Ward (Dave Bautista) l’incarico di avventurarsi al suo interno per recuperare 200 milioni di dollari depositati in un caveau.

Mosso da diverse motivazioni, Scott accetta e forma un gruppo composito - formato tra gli altri da sua figlia Kate (Ella Purnell), un’indomita guerriera (Nora Arnezeder), un giovane scassinatore (Matthias Schweighofer) e un pilota di elicotteri (Tig Notaro) - che entra rapidamente in azione.

Dovranno affrontare le creature che infestano la città ma anche guardarsi le spalle da chi ha intenzione di tradire il gruppo e la missione programmata per rincorrere il proprio tornaconto.

 

Dave Bautista

Army of the Dead (2021): Dave Bautista

   

Dopo un prolungato e logorante impegno riversato nello sviluppo del Dc Extended Universe (L’uomo d’acciaio, Batman v Superman e Justice League), con Army of the dead Zack Snyder passa dalla collaborazione con la Warner a Netflix, sviluppando il progetto in lungo e in largo (ha seguito la produzione, predisposto il soggetto, collaborato alla sceneggiatura, diretto le riprese e curato la fotografia).

Dunque, non poteva che uscirne un distillato contrassegnato da una distinta contraddittoria e straripante di annotazioni, un composto che spara nel mucchio, andando solo saltuariamente a segno.

Fondamentalmente, oscilla tra più generi, sfogandosi quando - soprattutto nell’ultima parte - sale in cattedra l’azione e senza sforzarsi troppo nella configurazione del meccanismo da heist movie, completando l’equipaggiamento con sporadici lampi horror, grumi di umorismo quantunque perlopiù sparati a salve, un po’ di sentimentalismo quasi sempre indigesto e accenni al tessuto sociale partendo dall’alto (chi prende decisioni determinanti con beffarda leggerezza) per arrivare a chi è tranquillamente sacrificabile.

Così facendo, non finisce stritolato nei pattern di riferimento e denota un piglio estremamente propositivo, ma contemporaneamente concretizza poco, intasa la scena di elementi, sconfina per poi rientrare nei ranghi, incespica e rilancia, distende e condensa.

Viceversa, va decisamente meglio con il sottotesto critico, che diventa la chiave di volta portante quando chiarifica che i buoni del caso sono proprio coloro i quali vengono identificati come il nemico da cancellare, uniti, solidali e vicendevolmente protettivi, portatori di valori primordiali che noi umani abbiamo ormai smarrito per strada, avendo anteposto egoismi personali, forme di prevaricazione che danneggiano gli altri frantumando accordi e promesse.

 

Ella Purnell

Army of the Dead (2021): Ella Purnell

 

Nel complesso, Army of the dead ha una morfologia dispersiva e spaziature sbilanciate, una messa in scena senza pezzi pregiati e una rappresentazione da territorio di confine che meritava specifici approfondimenti. Accelera e rallenta, traballa e riparte, espande e contrae, tra tappe inevitabili e impulsi spavaldi (vedi ad esempio gli sgargianti titoli di testa), con un dosaggio che alterna prese di coscienza e smancerie, azione fragorosa e pause che tentano di dare un minimo di definizione ai personaggi, interpretati da un cast sprovvisto di notazioni di rilievo (lo stesso protagonista Dave Bautista non ha sbocchi), tutti indicatori che producono un rendimento contrastato.

Assortito e intermittente.

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