Regia di Danny Cannon vedi scheda film
Danny Cannon, chi è costui ? Ammetto di aver ignorato l’esistenza del regista statunitense fino ad oggi e, complice Wikipedia, ho scoperto che, oltre al pessimo “Dredd – la Legge sono io” del 1995 con un truce Sylvester Stallone, ha diretto anche quello che viene considerato il suo miglior film, e cioè “Young Americans” del 1993 con Harvey Keitel. Questo lavoro del 1998, invece, ha rappresentato per me una vera sorpresa, incuriosito dalla recensione di FilmTv e dalla traduzione “poliziottesca” del titolo originale (“Phoenix” diventato incredibilmente “Phoenix – Delitto di Polizia). Il film narra la storia di Harry Collins, poliziotto sui generis nella infuocata Phoenix con il suo demone personale, il gioco, che lo travolge e lo possiede in ogni sua azione; infatti scommette su tutto (e quando dico tutto, intendo qualsiasi cosa) e, nei ritagli di tempo fra una telefonata ad un allibratore ed una partita di poker, svolge il suo lavoro con rozza autonomia, insieme ai suoi tre inseparabili sfaccendati e goliardici soci. Harry segue un suo rigido codice personale, fatto di superstizioni e segni rivelatori su cavalli da giocare o donne da sedurre, citazioni libere di lavori di Dostojewsky o cinematografici (spassose quelle su King Kong), e prende spunto dai blues di Robert Johnson e da una regola fissa: i debiti di gioco si pagano. Sempre. Prova a cercare una fuga da questa (autoimposta) regola nell’attaccamento ad una delle poche figure positive della sua vita (Leila), ma tutto risulta inutile, non si sfugge ai debiti ed alle proprie responsabilità.
Cannon è riuscito nell’intento di rielaborare abusati canoni del gangster movie proponendoci un lavoro di tutto rispetto, grazie ad una regia sobria, anche se un po’ derivativa (l’incipit alla Tarantino) e ad una sceneggiatura di ferro (scritta da Eddie Richey), sorretta da dialoghi serrati e divertenti e mai eccessivi. La regia rende torbida ogni inquadratura, amplificando l’infuocato scenario cittadino di una rovente Phoenix di giorno ed esaltando, di notte, le ombre e il sangue versato copiosamente per accaparrarsi la propria fetta di potere e denaro in una città sporca e polverosa “che non dovrebbe esistere”. Il plot narrativo rinvigorisce anche la verve di un precedentemente bollito Ray Liotta, che entra bene nella parte di Harry e costruisce un personaggio che rimane impresso; anche gli interpreti di contorno svolgono un ottimo lavoro, su tutti un cinico Antony La Paglia, ma anche Daniel Baldwin, Anjelica Huston, la conturbante Brittany Murphy ed il losco Xander Berkeley.
Torbida.
Buona.
Fedifrago.
Coerente.
Retta.
Imbolsito.
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