Regia di Raúl Ruiz vedi scheda film
Un film che, nel suo scorrere lento e stentato, fornisce un ritratto spietato di una classe intellettuale alla deriva, che non è in grado di esprimere alcunché, ed è finanche incapace di focalizzare obiettivi, tanto che il desiderio di creare degrada in una remota ed indistinta utopia. Alla necessità dell'impegno politico, da un lato, ed ai bavagli imposti dal regime, dall'altro, i protagonisti rispondono semplicemente con l'indolenza, dedicandosi ad una debauche che, lungi dall'essere fonte di idee geniali e sovversive, è solo uno squallido e colpevole abbandono, inframmezzato da qualche sporadico e sterile esercizio stilistico. Lo spettatore è effettivamente trascinato nella noia e nel disagio che percorre l'intera pellicola, ricavandone il giusto senso di oppressione ed impotenza.
Ruiz riesce perfettamente a veicolare l'idea che sta alla base del film, grazie ad un sottile meccanismo di negazione delle aspettative, che gioca soprattutto sulle ambientazioni: i caffè ed i salotti non sono luoghi di confronto culturale, ma solo spazi in cui si consumano discorsi vuoti ed inconcludenti, e bieche forme di intrattenimento. Per certi versi, sia pur con il dovuto cambio di contesto storico, ritroviamo qui la non-cultura estremizzata della compagnia di Paul in "Les cousins" di Claude Chabrol: una non-cultura talmente indecorosa, irresponsabile ed insensata da non poter nemmeno più essere impugnata come arma di contestazione sociale.
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