Regia di Patrick Picard vedi scheda film
Apodittico e sconsolante esordio che dall'horror passa, con silente ma determinato nichilismo, al dramma. The bloodhound ci racconta della tragedia "interiore" di un personaggio lucidamente sofferente, la cui sola presenza contagia chiunque lo circonda, trascinandolo in un mondo di paranoico malessere.
Dopo aver ricevuto un invito, Francis (Liam Aiken) raggiunge l'amico Jean Paul (Joe Adler) con l'intenzione di soggiornare da lui per un lungo periodo. I due non si vedono da molto tempo e Jean Paul, che convive assieme alla sorella gemella Vivian, sta attraversando uno stato apparentemente irreversibile di depressione. Da oltre due anni si è rinchiuso nella sua lussuosa dimora, rifiutando ogni contatto sociale. Francis si ritrova così catapultato in un universo nel quale predominano paura, solitudine e disperazione. In particolare Jean Paul è ossessionato da un sogno nel quale è convinto di vedere un uomo dal volto coperto, con viso per metà cane e metà maiale.
L'esordio dietro macchina da presa di Patrick Picard è senza dubbio differente rispetto alla media. Con uno sguardo alle celebri opere di Corman della serie Anni '60, ispirata da Allan Poe (in particolare I vivi e i morti), l'autore sceglie di adottare uno stile lento, pacato, riflessivo. Tutto il film è ambientato all'interno dell'abitazione - che diventa, con i suoi corridoi, i tendaggi, gli spazi deserti e vuoti, anch'essa protagonista - e si regge unicamente sulle interpretazioni (davvero notevoli) dei due giovani interpreti. In particolare a Joe Adler va riconosciuto il merito di essersi impegnato, in buona parte riuscendo, nel rendere tangibile - quasi fisicamente - il malessere della depressione e dello sconforto. Dialoghi molto curati e una discreta fotografia, confermano che Picard potrebbe aspirare a dirigere un vero film, sorretto da un budget consistente. Perché nel caso di The bloodhound purtroppo a farla da padrone è un ritmo troppo rarefatto, quasi congelato.
L'idea sarebbe stata ottima per un cortometraggio, ma superare (anche se di poco) l'ora diventa un inutile tentativo di prolungare l'ennesimo indie povero e privo di mezzi. The bloodhound non fa paura, nel senso che è l'esatto contrario di un horror: non ci sono scene d'effetto, trucchi o momenti thriller e pure la colonna sonora viaggia sul piano dell'inesistente. Riesce però a trasmettere un certo malessere, amplificato da un lucido pessimismo (sulla fallibilità delle umane aspirazioni, poste di fronte all'inaffrontabile nemico che si chiama "Tempo") che traspare con cinica cattiveria da frasi sibilline e nichiliste, tipo quella pronunciata da Vivian, in uno dei rari momenti in cui compare: "So che i morti, che sono già andati, stanno meglio dei vivi. Ma meglio ancora, stanno quelli mai nati."
Persino nei momenti più spensierati, quando ad esempio Francis e Jean Paul assistono ad un video porno (fuori schermo e con curiosa citazione verbale per Alice nel paese delle pornomeraviglie), regna un clima di abbandono e disperazione raramente trattato a livello cinematografico.
"La depressione non equivale al dolore; il vero depresso ringrazierebbe il cielo se riuscisse a provare dolore. La depressione è l’incapacità di provare emozioni. La depressione è la sensazione di essere morti mentre il corpo è ancora in vita. Non equivale affatto alla pena e al dolore, con i quali anzi non ha niente in comune. Il depresso è incapace di provare gioia, così come è incapace di provare dolore. La depressione è l’assenza di ogni tipo di emozione, è un senso di morte che per il depresso è assolutamente insostenibile. È proprio l’incapacità a provare emozioni che rende la depressione così pesante da sopportare."
(Erich Fromm)
Trailer
F.P. 05/01/2021 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 71'18") / Data del rilascio USA (streaming): 01/12/2020
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