Regia di Richard Pryor vedi scheda film
Jo Jo Dancer, squattrinato ragazzo cresciuto in una famiglia disastrata, si ritrova all’apice della celebrità come comico; a quel punto sopraggiunge in lui la follia: alcol, droga, donne a sazietà lo conducono a un tentativo di suicidio. In fin di vita, la sua coscienza si risveglia per aiutarlo a cambiare, facendogli rivivere la sua esistenza in sogno.
A volte l’idea di un film, ciò che gli sta dietro e lo sorregge, è molto più bella del film stesso: è il caso di questo Jo Jo Dancer, debutto di Richard Pryor dietro la macchina da presa e lavoro profondamente autobiografico che fa parte esattamente di quella serie di atteggiamenti, raccomandazioni e azioni messi in atto dalla coscienza di Richard/Jo Jo per aiutarlo a ripulirsi dai passati eccessi a abbracciare una nuova vita. Pryor scrive (con Rocco Urbisci e Paul Mooney) questa pellicola proprio per superare definitivamente il trauma che l’ha portato a un passo dalla morte; nell’intento di esorcizzarla e di salutare la rinascita, ecco che il Nostro mette in scena la sua drammatica esistenza di comico, dall’infanzia con una madre prostituta ai primi timidi tentativi di salire su qualche palco di locali malfamati e gestiti da malavitosi; dal successo finalmente raggiunto alla follia che ne è derivata, trascinandolo a un passo dal baratro. Jo Jo Dancer, your life is calling è un’opera persino commovente, a tratti, se si capisce quanta sofferenza dev’essere costata al suo autore; al contempo è però un film abbastanza piatto sul piano narrativo, con pochi momenti in effetti memorabili e che non offre neppure grandi risate nelle scene – rare e frammentarie – in cui Jo Jo sta sul palco. Anche l’idea di tagliare la parte in cui il protagonista raggiunge la fama non sembra funzionale alla trama, che si stempera in un dispersivo andirivieni di flashback di memorie del protagonista. Nel cast anche Debbie Allen, Art Evans, Paula Kelly e Michael Ironside. 4/10.
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