Regia di Costanza Quatriglio vedi scheda film
Vita contadina, fatiche e sacrifici in un contesto rurale toscano a Gabbro, ove la piccola Nada vive e cresce nel rigoglio di una vita un po' selvatica ma senz'altro genuina, assieme alla madre Viviana, frequentemente soggetta a stati d'ansia e di depressione, al marito contadino Gino (Sergio Abelli), uomo semplice ma comprensivo, la sorella maggiore in età da matrimonio, e la nonna saggia e schietta.
La scoperta delle doti canore della piccola Nada, un nome tanto particolare attribuitole in virtù dell'incontro materno con una zingara dalle doti preveggenti, avviene per puro caso, mentre la bimba viene mandata a imparare a cucire dalle suore ("siamo comunisti, cosa ci vado a fare dalle suore? obietta la bimba), e poi la dote viene coltivata grazie alla solerzia di un riservato ma sensibile insegnante di musica (il tenero Leonildo ben reso da Paolo Calabresi).
Ma Nada non vuole cantare, e se lo fa è solo perché, cantando, riesce a fare del bene ad una madre sempre più annebbiata dal suo esaurimento nervoso.
Arriverà, sempre controvoglia, a vincere un concorso dietro l'altro, fino a raggiungere la notorietà nazionalpopolare con la indimenticata hit Ma che freddo fa, che la lancio nell'ormai lontano 1969, nel mondo professionale della musica italiana.
In realtà la storia di Nada Malanima sarebbe solo ed appena iniziata a questo punto, che rappresenta invece la conclusione della autobiografia della splendida cantante livornese tratta del bellissimo libro autobiografico Il mio cuore umano. In realtà nella storia variegata e complessa che segna il percorso di Nada fino a divenire una delle più apprezzate cantautrici italiane a partire dagli anni '90, questo frammento di storia costituirebbe solo il primo capitolo di una carriera lunga e variegata lunga oltre un cinquantennio, in cui l'autrice ha saputo reinventarsi, raggiungere il successo commerciale nei primi anni '80 con l'indimenticata hit Amore Disperato (che nell'estate magnifica del 1983 vinse un po' di tutto e meritatamente) mettersi in discussione e mutare, maturando, fino a divenire una delle più mature artiste del panorama cantautoriale femminile italiano.
Costanza Quatriglio conosce bene Nada, tanto da aver diretto nel 2009 un bel documentario pure quello tratto dal medesimo libro autobiografico sopra menzionato.
La trasposizione televisiva appare minuziosa e diligente, forte di interpreti scelti con cura, a partire dalla giovane attrice e cantante Tecla Insolia, che già d'aspetto finisce per adeguarsi bene a rappresentare fisicamente la giovinezza della bella cantante agli esordi, con quel suo visino dolce e pudicamente malizioso su cui pure la Nada originale poteva contare. La coadiuva adeguatamente una ispirata Carolina Crescentini nel ruolo sofferto della mutevole madre Vivana, attorniata da un cast di attori bravi e opportunamente scelti.
Certo i limiti imposti o auto-imposti da un produzione da prima serata tutta protesa ad un ascolto massivo, ha indotto anche una regista dotata come la Quatriglio ad affidarsi ad una sceneggiatura elementare, pedante sino alla banalità, semplificata già nell'utilizzo dei flashback necessari per l'evoluzione della vicenda, e organizzata senza alcun tocco narrativo degno di una trasposizione cinematografica accettabile.
Una volta, decenni orsono, le produzioni della tv nazionale, meno vincolate alla ragione commerciale, stimolavano il pubblico ad imparare ad apprezzare un certa costruzione di racconto, sia cinematografico che teatrale: oggi, al contrario, la necessità di un ritorno economico elevato a solo traguardo ambito e necessario, induce a puntare sul facile, sulle emozioni a pelle, sul risvolto insistitamente melodrammatico, rifiutando anche solo di azzardare una scelta innovativa che stimoli la mente a lasciar da parte quella pigrizia visiva e d'ascolto che troppo spesso scegliamo di privilegiare, a capito di una qualità che invece quasi rifiutiamo.
Un altro appunto che riguarda questo come altri adattamenti di autobiografie di artisti: la voce di Tecla è valida e apprezzabile, ma perché rinunciare al timbro potente e del tutto originale di Nada e ricorrere ad un sano playback che valorizzi la vocalità senza eguali della Malanima, piuttosto che affibbiarle una voce certo intonata e carina, ma del tutto assimilabile a quella di una Arisa come tante?
Stesso discorso valido anche, ad esempio, per quanto successo alla Mia Martini resa, pur con doverosa professionalità e carisma, dalla brava Serena Rossi.
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