Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Nell’anno scolastico 1958-59, subito dopo la morte di Pio XII (evento significativamente accennato in apertura), un ragazzo dal carattere difficile entra in un collegio religioso dove vige contemporaneamente la disciplina più ferrea e il più totale lassismo: vi innesca una ribellione, che però non va nella direzione aspettata. Il meglio del film è la ricostruzione ambientale: regolamenti stupidi, autoritarismo di fondo mascherato dietro un untuoso paternalismo, repressione delle pulsioni sessuali (di irresistibile stupidità il racconto edificante del ragazzo morto di masturbazione); ha il difetto di eccedere in grottesco, perdendo parte della sua forza di denuncia. Il protagonista è profondamente ambiguo: un sedicente rivoluzionario dalle tendenze paranaziste, che combatte (non rinnega) il potere in nome dell’efficienza e avversa i preti solo per la loro mollezza. E la conclusione, apertamente politica, mostra una totale sfiducia sulle possibilità di una rivoluzione: non c’è da aspettarsi un’alleanza fra proletariato e borghesia, perché hanno obiettivi inconciliabili (come intuito da Orwell in 1984, quando descrive la divisione della società in Alti, Medi e Bassi).
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