Regia di Fritz Lang vedi scheda film
Lang in un calo di ispirazione produce comunque un lavoro assolutamente dignitoso, magari meno rifinito del solito in sceneggiatura (firmata da Charles Hoffman, da un racconto di Vera Caspary), ma mai banale o approssimativo. La storia dell'innocente ingiustamente colpevolizzato è risaputa, d'altronde Hitchcock ha saputo costruirci attorno una carriera (e che carriera!); Lang sembra però scarsamente interessato ad approfondire la questione psicologica della protagonista, accusata di un omicidio che fondamentalmente neppure lei sa se ha commesso. E anche la scena della violenza e della fuga, centrale nella trama, è tirata un po' troppo per le lunghe (occorre mezzora - un terzo del film - prima che si svolga e che quindi la pellicola acquisti un po' di mordente). Nat King Cole, nei panni di sè stesso, esegue la canzone del titolo; il finale è abbastanza scontato (è ovvio che dovrà assolutamente essere lieto) ed il personaggio del giornalista, anche per questo suo preventivato ruolo di risolutore dell'imbroglio, non risulta granchè simpatico. 5/10.
Giovane telefonista viene piantata, via lettera, dal ragazzo sul fronte in Corea; per non pensarci accetta di uscire con uno spasimante, che la fa ubriacare e la porta a casa sua. Nello stato confusionale la ragazza fugge, ma non ricorda nulla della serata. E l'uomo, il mattino seguente, viene trovato morto. Un astuto giornalista non si arrende alla conclusione più facile...
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