Regia di Jerrod Carmichael vedi scheda film
Val e Kevin sono due trentenni amici fin da bambini. Il primo è risucchiato da un lavoro frustrante e una fidanzata a dir poco stressante; il secondo è ossessionato dagli incubi dell'infanzia e attualmente ricoverato in una clinica psichiatrica. Il primo va in visita al secondo appositamente per farlo evadere; il piano è: vivere la miglior giornata della loro vita, e al termine suicidarsi insieme.
Sì: l'idea di partenza è fragile, ma potenzialmente una bomba. E Jerrod Charmichael come regista ha scarsa esperienza, si potrebbe aggiungere: attore, stand up comedian, ha diretto qualche lavoro televisivo ed è alla prima prova su un set cinematografico vero e proprio. Però dimostra di saperci fare, sia davanti che dietro la macchina da presa: On the count of three è principalmente una commedia disperata e a tratti un dramma esilarante, con il giusto dosaggio di momenti tragici, romantici e prettamente comici, che vive sulle spalle dei due attori centrali. L'altro è Christopher Abbott, che prende spesso e volentieri la scena su Carmichael nonostante la buona riuscita di quest'ultimo anche come interprete. Ciò che però non si riesce proprio a perdonare nella sceneggiatura (Ari Katcher e Ryan Welch) sono le banalità disseminate qua e là: il fulcro della vicenda intera, cioè il trauma infantile di Kevin, pare un po' troppo prevedibile, già sentito; allo stesso modo l'idea del “lieto fine” (o ciò che dovrebbe rappresentarlo, insomma) non convince del tutto. Nel complesso comunque il film funziona e lascia qualche sequenza memorabile, oltre a una sensazione di feroce malinconia ben evocata dalla trama e dalla messa in scena. Cameo di Henry Winkler. 7/10.
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