Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
rivisto dopo ben 14 anni dalla prima uscita italiana(leggo su wikipedia) il film di miyazaki non lo ricordavo affatto se non per immagini oramai subliminali. la principessa spetro è tornata sui nostri schermi da un passato cinematografico non lontano in tutta la sua magnifica potenza visiva. questo durissimo atto d'accusa miyazakiano, mai così plumbeo e oscuro, affonda le dita nella ferocia di un mondo in cui l'uomo sta scoprendosi dominatore incontrastato e addirittura osa l'omicidio degli dei. siamo lontanissimi dal parco giochi in disuso che al crepuscolo si trasforma in bagni termali, in cui gli spiriti si recano per depurarsi e rilassarsi dallo stress del mondo odierno e civilizzato, tollerari ma confinati in un angolo della vita che l'uomo bazzica poco e anzi abbandona a causa della crisi economica. in questo lungometraggio del 1997 abbiamo ancora a che fare con un mondo arcaico in cui gli spiriti sono potentissimi, ma l'uomo è impegnato a scoprire il progresso e con esso armi per distruggere, sconfiggere e sottomettere più nemici possibili. ora più che templi o boschi, il luogo più ambito dai samurai, è una fornace che produce ferro e acciaio per nuove armi che sputano fuoco e proiettili che se non ti uccidono all'istante, ti si conficcano nelle carni e ti minano dall'interno facendoti morire lentamente e tra mille stenti.... ed è difatti con un enorme cinghiale trasformato in spirito maligno che si apre PRINCIPESSA MONONOKE o ancora meglio principessa spetro. poichè con una mirabile padronanza di racconto, miyazaki ci racconta come e perchè quell'enorme bestia una volta abbattuta dal prode ashitaka, si sia trasformata in uno spirito maligno. all'interno del suo corpo viene rinvenuto uno strano oggetto sferico che di primo acchito ricorda una noce. la bestia morta ma tormentata nello spirito da migliaia di esseri serpentiformi che la bruciano e la divorano dall'interno è in effetti logorata dal rancore. ed è solamente progredendo nel magnifico racconto che scopriamo da cosa è originato quel rancore che ha trasformato la bestia in spirito maligno e contaminato ashitaka dalla maledizione che lo porterà alla morte. miyazaki esprime il suo controllato disappunto in scene di battaglia cruente, in cui gli uomini perdono arti e la testa e dove la morte regna incontrastata. dolore e sofferenza in un mondo ancora dominato dall'essenza spirituale degli esseri e delle cose, ma in delirante trasformazione verso un mondo materialistico che osa prezzare addirittura la testa del potentissimo e temutissimo dio-bestia. un film di una fluidità narrativa sorprendente in cui i momenti importanti non si contano denso di personaggi indimenticabili. ma è soprattutto il personaggio-pensiero miyazaki a sorprendere una volta di più affossato in una negatività senza pari. come per esempio con gli esseri oranghi che tutte le notti tornano sulle colline disboscate e bruciate a tentare di impiantare semi e vita nel terreno. una lotta persa ed impari, poichè dalla fornace lavoratori sono appostati e sparano proiettili perdissuaderli e cacciarli. spiriti che vorrebbero cibarsi di ashitaka ferito mortalmente da un archibugio per assimilare quella forza che ha distrutto il loro mondo. miyazaki sa essere pessimista a tal punto da far credere allo spettatore che la speranza è veramente perduta. la bellissima lady eboshi insieme col monaco affarista riesce ad addentrarsi nella montagna del dio-bestia e a mozzargli la testa, che all'istante si trasforma in un liquido trasparente che copre qualsiasi cosa e la uccide alla ricerca della sua testa. ma miyazaki è anche ashitaka che sa e lo urla per tutto il film, che una collaborazione tra montagna e fornace è possibile. non ci può essere progresso senza rispetto della natura poichè il primo esiste grazie alla seconda. ed è in un bellissimo e commovente finale con il tenero e inquietante kodama che il sommo hayao ce lo ricorda, dopo averci portato alle lacrime con morte, distruzione e desolazione, ma soprattutto con la cieca perseveranza egoistica dell'uomo. perchè un dio non muore e non vive, è. mentre invece l'uomo transita per un istante, che può essere positivo o negativo, e tutta la negatività che l'uomo scioccamente riversa nell'aria e nelle acque pensando di risparmiare non fa che minarlo dal di dentro in una maledizione che lo porta alla morte dopo tremenda sofferenza.... si chiama rancore e ce lo tramandiamo senza scampo per il momento, ma non sia mai detto che un giorno un kodama non ci appaia in un flebile segnale di buon auspicio
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