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Principessa Mononoke

Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film

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La recensione su Principessa Mononoke

di Gangs 87
7 stelle

Giappone, nell’era Muromachi, quando gli dei abitavano la Terra, in un remoto villaggio tra le montagne, Ashitaka, l'ultimo guerriero del quasi estinto clan degli Emishi, è costretto a uccidere un mostro per proteggere il suo villaggio. Più tardi scopre che quello che credeva essere un cinghiale è in realtà, un demone. Mentre lo uccideva il giovane ha contratto una ferita al braccio che si infetta con la maledizione che il demone possedeva e che gli ha trasmesso. Ashitaka si mette in viaggio per scoprire le origini della maledizione e come liberarsene, incontra così Mononoke San, una ragazzina selvaggia allevata dai lupi che lo aiuta a compiere la sua missione.

 

Partendo da una leggenda antica dei suoi luoghi, Hayao Miyazaki scrive e dirige un il film di denuncia verso l’uomo che sfrutta malamente le risorse dell’ambiente a proprio favore senza domandarsi a quali conseguenze questo possa portare. Per facilitarne la comprensione cerca di dividere i personaggi in due fazioni: da una parte quelli che chiama appunto “umani” e dall’altra le “divinità”, esseri sovrannaturali che si oppongono all’isterilimento delle loro terre per mano dell’uomo combattendo non solo contro di loro ma contro chiunque osi intromettersi.

 

Oltre all’enorme messaggio ambientalista che Miyazaki intende diffondere, nella sua sceneggiatura c’è spazio anche all’eterna lotta tra il bene e il male. Se Ashitaka predica il perdono e instilla nel cuore di chi incontra, anche in quello arido e impaurito di Mononoke San, la volontà di non abbandonarsi alla rabbia e al rancore, Eboshi, signora della città del ferro, sembra l’incarnazione dell’arrivismo e della cattiveria umana; è proprio attraverso i suoi personaggi infatti che Miyazaki evidenzia le conseguenze inevitabili a cui va incontro chi predilige azioni egoiste.

 

La fascinazione che avvolge il Dio Bestia e la sua colorata quanto incantevole rappresentazione, è amplificata dalla percezione religiosa che inevitabilmente incombe su tutta la pellicola: è ovvio che ci sono cose che non possiamo cambiare ma che dobbiamo solo avere la forza e il coraggio di accettare e Ashitaka che va incontro al suo destino è la rappresentazione della fede in qualsiasi forma la si voglia intendere.

 

Principessa Mononoke, che prende il titolo dal personaggio (forse) meno potente di tutta la pellicola, ma che attraverso la sua traduzione del suo soprannome “spirito vendicativo” (nel film viene tradotto con principessa spettro) è capace di dar senso a tutto ciò che vediamo in quanto è proprio la vendetta che sembra muovere il male del tempo, resta uno dei capolavori di Miyazaki pensato con gli occhi di un bambino ma con (e per) la mente di un adulto.

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