Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film
Montagna. Fortezza. Donna. Lei danza, ma l’imponenza dei volumi sembra rendere i suoi movimenti vani, statici, complessi. Lei è Eva Braun. Adolf Hitler è nella sala delle riunioni della sua residenza sulle Alpi bavaresi. Aspetta gli invitati: il fedelissimo Martin Bormann e il potente ministro della propaganda, Joseph Goebbels. Arrivano. Si prepara la cena, si svelano momenti di vita intima, si filtra tutto attraverso un’impronta grottesca. Il Potere. L’Orrore. Il Ridicolo. “Moloch” del russo Aleksandr Sokurov crea una relazione tra i termini e sfida (letteralmente) lo spettatore a una visione ostica ma straordinaria. Sulla cima di un Olimpo sfatto, ma affascinante, si consuma una tragedia esteriore, presupposta, che tutti conoscono prima che cominci. Con Eva che mormora «Caro, a proposito di Auschwitz...» e Adolf che risponde «Ausche?». Scolpire nell’immagine: Sokurov è in questo l’esatto contrario di Ridley Scott. Alla lucentezza di forme piatte e vuote contrappone l’opacità di uno scenario che rimanda al cinema post-espressionista. Ma reinventandolo, denudandolo del suo significato metaforico (la propaganda, la bellezza secondo il Reich). Alla fine anche Hitler giace scarnificato. Un omino buffo.
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