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Lo scapolo d'oro

Regia di Gary Sinyor vedi scheda film

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La recensione su Lo scapolo d'oro

di Baliverna
4 stelle

Poche idee, eccessi, banalità, scurrilità, e poco di buono.

All'inizio sembra una spigliata e frizzante commedia sentimentale, ma non ci vuole molto per rendersi conto che è sì una commedia sentimentale, ma superficiale, piena di banalità, e abbastanza cinica (sotto la maschera del divertimento).

Un po' di interesse lo solleva solo la coppia di protagonisti, nella cui vicenda e nei cui problemi c'è qualcosina di reale e di non banale. I personaggi collaterali, però, sono praticamente dei manichini anonimi senza caratteristiche, che annoiano ogni volta che compaiono in scena: l'amico ciccione, i genitori sdolcinati, le varie ex...... Uno di essi, cioè il nonno (interpretato da Peter Ustinov), tenta invano di essere simpatico e di farci ridere, a furia di eccessi e atteggiamenti da mattacchione. Ma ci vuole una misura e un'intelligenza anche per rappresentare i tipi eccentrici, doti che Gary Sinyor non possiede. L'unico personaggio collaterale che ha un centimetro di spessore è il prete, e solo nella sequenza in barca. Capirete che è un po' poco.

Dopo tre quarti di andamento claudicante, si è quasi tentati di dare al film, come giudizio, un buffetto e uno scapaccione bonario, come ad uno studentello furbo che la spunta col 6-. Però poi ci imbattiamo in un finale sopra le righe, banale, eccessivo, caotico e per nulla comico come vorrebbe essere.

Inoltre, il regista e gli sceneggiatori cercano la risata anche dove non dovrebbero, come quando uno degli amici sta per far sposare la figlia di 15 anni col protagonista – neppure mai conosciutisi – e questo solo per soldi. Che insegnamento.

Chris O'Donnel si sbraccia e dà il massimo; la Zellweger, da canto suo, non delude (anche se stava meglio senza permanente). Il ritmo, infine, e veloce. Quel che c'è di buono, però, non basta a pareggiare i conti e farne un film che si conquista la sufficienza.

Sarebbe, una buona idea, invece prendere il centro del soggetto – cioè l'uomo indeciso al matrimonio, le simulazioni di lei, le ripicche – lavorarci sopra e farne un buon film. Con chi lo saprebbe scrivere e chi lo saprebbe dirigere.

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