Regia di Simone Godano vedi scheda film
Commedia contaminata di sentimento e dramma dal titolo nonsense in cui personaggi sopra le righe compiono azioni tra l’assurdo e l’incomprensibile mettendo in moto una girandola di fatti grotteschi e inverosimili fino all’epilogo conciliante.
Originalità a corte.
Sembra d’altronde che tutte le risorse produttive, “intellettuali” siano unicamente concentrate alla resa eccentrica/simpatica dei due protagonisti: il nevrotico, iracondo Diego (Stefano Accorsi) – capello nero tinto, unto, ribelle, faccia tutta tic e mossette, eloquio balbuziente – e la bugiarda patologica, isterica combinadisastri Clara (Miriam Leone) – frangetta improponibile, sopracciglia marcatamente folte, corpo sexy, broncio puntuale. Un’ipercaratterizzazione improbabile che presto stanca, tedia, irrita, specie quella di Accorsi che tende al ridicolo involontario fino ad abbracciarlo pienamente, e oltre: fa pena, e tenerezza.
Tanto pessimo quanto più è pretenzioso: Marilyn ha gli occhi neri vorrebbe porsi dalla parte delle persone “sbagliate”, affette da disturbi mentali, quelle insomma a cui gli individui “normali” guardano con paura (se guardano).
Tutto bello se non fosse che il ritratto che emerge, nitido, ha lo spessore della carta velina e la (in)consistenza delle opere nate e incrostate in catena da montaggio, pennellate con metodo (quello di chi deve riempire fogli e pagine, come capita), spacciate per occasioni preziose.
Il tema, naturalmente, è mero pretesto, è colore, è colorata, (s)colorita esibizione: non si crede nemmeno un secondo alla supposta condizione di chi è al di là dello schermo, da qualunque lato si guardi.
E per una serie tanto ovvia quanto banale di elementi: la sciocca sceneggiatura passa per una trama improponibile con frammenti ancor più improponibili (perdinci come è facile aprire un ristorante, e in quel contesto eh?) e siparietti flosci, la matrice dialogica è sotto i livelli di guardia, il cóte sentimental-romantico è raffazzonato oltre che tri(s)tissimo, la tenuta stagnante (quasi due ore: troppe), la messa in scena piatta anche quando cerca, inutilmente l’effetto pirotecnico, l’umorismo solo di grana grossa (che risate con la spara-parolacce affetta da Tourette!), i personaggi trattati malissimo avendo in testa evidentemente i tanti precedenti.
Nulla che non si possa immaginare in un film di “pazzi” che si riuniscono in un centro diurno di riabilitazione; e infatti c’è tutto l’assortimento “umano” e di contenuti che si pensa, stancamente: lo psichiatra illuminato, il paranoico, il complottaro, quella affetta da manie suicide e quella che non parla, più altri di contorno per fare contorno.
Peccato solo che manchi il quadro.
A conti fatti, siamo dalle parti, meste, delle fiction a tema da palinsesto di tv generalista: Marilyn ha gli occhi neri potrebbe tranquillamente essere il pilot di un prodotto seriale della domenica.
Dirige Simone Godano – in curriculum gli insignificanti Croce e delizia e Moglie e marito –, scrive Giulia Steigerwalt (già responsabile dei due lavori proprio di Godano), produce la Groenlandia di Matteo Rovere con RaiCinema. Male Accorsi e Leone, tra gli attori si salva solo, di mestiere, Thomas Trabacchi.
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