Regia di Simone Godano vedi scheda film
Clara è una mitomane; a causa del suo disturbo, il suo matrimonio è fallito, e, per le gravi conseguenze dell'evento, è obbligata a frequentare un centro diurno ove si pratica terapia di gruppo. Qui conosce l'iracondo Diego, uno chef anch'egli reduce da una burrascosa separazione e sofferente per le difficoltà che incontra nel conservare un rapporto con la figlia. Lo psichiatra che segue il gruppo, Paris, spinge i suoi pazienti - tra i quali Chip, Sosia, Gina e Susanna, affetta da sindrome di Tourette - ad un confronto paritario con la "società esterna", affinchè, nella comprensione reciproca, essi possano affrontare la vita insieme ad essa. Pertanto apre il laboratorio di cucina del centro agli anziani dell'adiacente circolo bocciofilo. Da qui l'idea di trasformare il laboratorio in un vero ristorante, il quale, grazie ad un "castello di menzogne" pazientemente costruito da Clara, autrice di false recensioni pubblicate sui social nertwork, ha da subito un clamoroso successo. La tendenza a mentire della giovane, purtroppo, fa rapidamente naufragare il progetto. Ma il percorso dei pazienti sulla strada della comprensione continua, e tra Diego e Clara nasce l'amore. Il regista Simone Godano affronta temi drammatici con toni tragicomici; i suoi soggetti hanno personalità border-line. Non sono "folli" patologici; le storture, le difficoltà, le ingiustizie della moderna quotidianità hanno messo a dura prova la loro tenuta mentale, generando psicopatie che hanno portato i "normali" a giudicarli insani. La terapia del medico che li ha in cura non ha lo scopo di rimuovere le psicopatie, bensì renderne evidenti i contorni alla società ed ai pazienti medesimi, affinchè questi ultimi possano uscire dallo stato di isolamento, dall'ansia, dai complessi di vittimismo che alimentano le psicopatie stesse. Alcuni elementi della trama pongono, tra l'altro, il dubbio su chi siano i veri "matti". I pazienti del dottor Paris, oppure i molti clienti del ristorante, ivi giunti già entusiasti del luogo, convinti da quanto - falsamente - scritto sui social network; o la ex-moglie di Diego, corrosa da una percezione errata circa le reali intenzioni dell'uomo ? L'evoluzione degli eventi non premia con pieno successo l'intuizione del medico - egli stesso, da ragazzo, in grave difficoltà, per sua stessa ammissione - ma rende onore al tentativo. I due protagonisti, uniti dall'esperienza vissuta, lasciano che il sentimento l'uno per l'altro si sviluppi - Diego, anche grazie ad un duro, ma sincero, discorso del padre, il quale gli fa notare di averlo cresciuto, amato e sopportato, nonostante le sue "spigolosità" caratteriali. Clara è interpretata da Miriam Leone; Stefano Accorsi è il protagonista maschile. I due recitano in modo da rendere evidente uno stato di agitazione psichica. Paiono nevrotici ed imprevedibili. Diego, balbettante ed affetto da tic nervosi, è portato ad esplosioni di rabbia; Clara ostenta tranquillità e sicurezza, che non può avere poichè costruite sulle farse che puntualmente mette in scena (non a caso, si finge attrice); al loro svelarsi anch'ella diventa preda dell'ira. I toni, nonostante l'argomento, sono leggeri; un finale quasi lieto ed una trattazione più dimessa distanzia quest'opera da "La Pazza Gioia", film diretto da Paolo Virzì, il quale affronta il medesimo argomento. Simone Godano racconta delle difficoltà, sia del personale medico, sia dei loro pazienti, ma non esprime compassione nei loro confronti. Il suo è un invito alla comprensione reciproca, la quale può raggiungersi alla partecipazione attiva dei soggetti più fragili, previo stimolo ed assistenza, ma non compassione. Opinione, a mio parere, condivisibile. Un discreto film, che tratta con intelligenza un tema sempre attuale.
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