Regia di Claudio Amendola vedi scheda film
Dài che siamo pronti per la commedia nera, osiamo! Vogliamo più roba così.
L'eccentrica famiglia Pasti è da sempre leader nel ramo delle onoranze funebri capitoline. Alla morte del fondatore scopre che ci sono anni di tasse non pagate pronte a farli naufragare, che la concorrenza della emergente Taffo è spietata, e che, per potersi rimpannucciare, dovrà gestire al meglio la sepoltura dell'amatissima rockstar Gabriele Arcangelo, improvvisamente defunta.
Cosa prevarrà, il senso degli affari o i sentimenti?
Appassionati di commedia nera (perché l'odore di zolfo racconta la vita in maniera più efficace sia del dramma sia della commedia toutcourt), andiamo con la memoria alla ricerca di un antecedente nella filmografia italiana.
Ci vengono in mente solo quelle più riuscite: Crimen di Mario Camerini, che è del 1960, e la più 'recente' Parenti Serpenti di Monicelli che, comunque, è sempre del 1992 (ci sono altri tentativi onesti ma appartengono al circuito OFF).
E' inutile, in quel genere gli anglofoni ci surclassano alla grande.
Poi capita di incontrare qualche film che tenta di giocare sul precipizio, e questo fa i Cassamortari.
E scopriamo che viene da un soggetto (!) di Claudio Amendola e Francesca Neri, aiutati poi nella sceneggiatura da Kissy Dugan e Roberto Jannone. Un film sui generis che affronta tematiche da noi poco battute, ma che ha il coraggio di proporle in mainstream.
Certo non è perfetto, ha delle evidenti sbavature di ritmo (la narrazione sembra, a volte, un po' avvitarsi su sé stessa), qualche concessione di troppo alla volgarità (anche se il debordante romanesco stavolta è ben studiato) ma che è servito da un cast ultra affiatato, su cui spiccano la raffinatissima caratterizzazione di Gian Marco Tognazzi e la strepitosa maschera di Lucia Ocone, brava ed ipnotica da far venire i brividi. Anche la prova attoriale di Piero Pelù, da un po' di tempo bendisposto verso il cinema, coglie nel segno e non si fa dimenticare.
La visione de I Cassamortari è stata comunque appagante e convincente, cullati in dolce altalenare fra divertimento e riflessione, persuasi di non assistere alla solita messa in scena banale e replicante.
Si tentano nuove vie, di confine, speriamo che il pubblico risponda.
Per sperimentare altri sapori dobbiamo saperli chiedere, ma, soprattutto, dobbiamo esserne all'altezza.
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