Regia di Silvio Soldini vedi scheda film
Fermo: "Le cose lente sono le più belle. Bisogna sapere aspettare."
Ogni volta che lo rivedo mi chiedo se sia “Pane e tulipani” a dare lustro a Venezia o sia la città lagunare a far brillare di luce riflessa il film di Silvio Soldini. Non c’è dubbio che il regista milanese sia riuscito a valorizzare le “vedute” della città, quelle lontane dall’asfissiante circuito turistico che segue il vettore Rialto-San Marco, ma è altrettanto palese che l’atmosfera veneziana e la bellezza senza tempo dei viottoli e dei canali abbia influito sul risultato finale quanto il miracolo fatato di Cesare Zavattini contribuì a rendere omaggio alla Milano del dopoguerra che assumeva connotazioni fiabesche nel film di De Sica pietra tombale del neorealismo italiano. Silvio Soldini e Doriana Leondeff intuirono il potenziale fatato della città e ricrearono una mescola di odori, sapori e gesti inconfondibili a chi l’avesse visitata almeno una volta. Seguendo Rosalba, Fernando e Costantino nei loro vibranti e buffi pedinamenti sembra di percepire l’odore salmastro dei canali, lo sciabordio delle acque, il garrito del gabbiano e la piacevole e inusitata freschezza dell’acqua che sgorga dalle fontanelle nei campi. “Pane e tulipani” seppe ricreare l’atmosfera quotidiana della città dei dogi solleticando i sensi e proponendo una ritratto comune lontano dal caos del turismo di massa. Soldini e Leondeff capirono che il loro film doveva attraversare le calli veneziane ma che a farlo non poteva essere una macchina da presa. C’era bisogno di gambe forti, cervello curioso e spirito indomito, nonché il desiderio indulgente di amare Venezia, adattarsi ai suoi ritmi e fondersi con la sua storia e il suo presente. Credo che il successo del film sia dipeso dall’intuizione di penetrare le calli e i campi attraverso gli occhi della gente comune in un luogo tutt’altro che comune. I personaggi mostrarono, fin dall' inizio, di sapersi muovere nella favola, liberi e giocosi, cercando di comprendere il sogno di cui facevano parte che, per inciso, per molti sarebbe stato un incubo difficile da comprendere. Perché Venezia è un saliscendi di ponti e stradine, è un groviglio di canali che spezzano il ritmo, è il cigolio dei carretti che rimbalzano negli inciampi del selciato. Venezia è come la vita. Le sue strade si fanno largo a spintoni tra calli strettissime, le salite lasciano i vecchi senza fiato, le rive opposte sono spesso inaccessibili, ed un ponte, di tanto in tanto, le congiunge. Sono splendidi i personaggi di “Pane e tulipani”. Qualche volta riescono ad attraversare i ponti e allora le rive si congiungono creando un’alchimia inimmaginabile mostrando una "venezianità" che ha ben poco a che fare con la propria origine. Sono loro a riempire le stradine di Venezia: la morbida e fragrante Rosalba, il vecchio Fernando che sciorina versi epici e poetici, il rude fioraio, “Fermo” nello spirito della libera anarchia, l’eterea ed impalpabile “Grazia” di un massaggio naturale, il giovane ed ingenuo Costantino, infine, la grezza e rassegnata Adele, che l'apparenza penalizza, la cui vita è difficile e complessa come la città cantata rabbiosamente da Francesco Guccini, una città che, fortuna sua, le ha lascito in dono, almeno a lei, il piccolo e saggio "Eliseo" che capirà da grande le oscure frasi del nonno.
Ad oltre vent'anni di distanza "Pane e tulipani" commuove, strappa sorrisi e sembra un manifesto ante litteram dello "slow living" evocato dall'immobile portamento dei tulipani, da un ballo al ritmo di fisarmonica, dall'evocativo declamare versi di un esteta del linguaggio. Il commento musicale, ora ironico, ora incalzante, sale e scende come l'acqua della laguna coprendo e svelando sentimenti ed intenzioni di uomini e donne incerti nell'incendere e delusi dall'amore.
"Pane tulipani" fu il trampolino di lancio di Giuseppe Battiston, consacrò i tempi comici di Marina Massironi, confermò la bravura e l'atipico fascino di Licia Maglietta. Ma, soprattutto, ci regalò l'iconico ed eccentrico Fernando Girasole, costretto a sciogliere il cappio dell'infelicità e girare la testa intorno alla stella abruzzese sorta, per sbaglio o per magia, tra le strette calli veneziane. Bruno Ganz fu semplicemente meraviglioso.
Chiudo con una pagina della mia vita. Vi è sembrato assurdo il pretesto che dà il via alle vicende di Rosalba in autogrill? Vi posso capire. Tuttavia quand'ero un giovanissimo studente delle superiori, al rientro da una gita, l'autobus che ci stava portando a casa era partito dalla piazzetta di sosta del grill, uno di quelli la cui struttura attraversa l'autostrada creando una sorta di ponte, senza una nostra compagna di classe. Ebbene costei era scesa dalla parte sbagliata e l'autista se ne stava andando. La mia compagna era finita in direzione Milano mentre noi eravamo in direzione Venezia. Il "miracolo milanese" ce la riportò in pullman, non senza qualche brivido lungo, prima che lo spazientito autista, nel frattempo placcato da un'orda di prof, proseguisse la sua corsa in direzione laguna.
Rai Storia
Fernando: "Rosalba, da quando lei è partita la vita è una palude, la notte mi tormenta e il giorno mi delude.
Se ho fatto questo viaggio vi è un’unica cagione
che lei torni ad illuminar la mia magione."
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