Regia di Silvio Soldini vedi scheda film
Sotto il tono lieve di una commedia dai toni surreali Soldini regala al pubblico un film sulla felicità. Da vedere
Rosalba è una casalinga intrappolata in un matrimonio senza alcuno stimolo, un marito piccolo imprenditore nel campo dell'idraulica di buon successo che la considera ormai alla stregua di un soprammobile, due figli, una vita segnata dal grigiore e dalla monotonia. Un evento inaspettato e spiacevole diventa invece l'opportunità per dare una sterzata al proprio percorso di vita: nel corso di una gita a Paestum la donna viene letteralmente dimenticata in un autogrill, solo che anziché restare ad attendere il recupero da parte dello scocciatissimo marito decide di cogliere l'occasione per realizzare il sogno di visitare Venezia.
E' l'inizio di un'avventura dai tratti comici e surreali, con Rosalba che acquisterà progressivamente consapevolezze e riuscirà a fare emergere le propria personalità, inserendosi nella vita di un cameriere di origine islandese e dalle maniere di un gentiluomo d'altri tempi, Fernando, riuscendo a farsi assumere come esperta di fiori dal burbero Fermo e trovando una sincera amicizia nella strampalata Grazia.
Silvio Soldini realizza con Pane e Tulipani quello che è probabilmente il miglior film della sua carriera, qualità sancita del resto dai numerosi premi attribuiti alla pellicola all'epoca della sua uscita, e dietro la facciata di una commedia lieve e piacevole come una ventata d'aria fresca, narra la storia di una donna appiattita in una vita priva di amore e di affetto (ad eccezione di quello per il figlio minore, l'unico a sentire realmente la sua mancanza e a cui viene regalato un ruolo non secondario nel lieto fine della vicenda), scandita da giornate senza sussulti, che riesce a trovare la forza, o forse l'incoscienza, per rimettersi in discussione.
Soldini conferisce al tutto un tono quasi favolistico, che però non va a inficiare sulla credibilità della narrazione: la protagonista sviluppa il suo talento diventando una fioraia di eccellenza sotto la sguardo divertito di un Fermo sempre più conquistato dalla vitalità della sua commessa, e portando un raggio di luce nella vita delle persone che incrocia, soprattutto in quella di Fernando, i cui modi affettati nascondono una esistenza priva del minimo slancio, sancita da un cappio sistemato nella camera da letto, emblema dei suoi propositi suicidi.
Rosalba solare, genuina e spontanea è una di quelle creature che sembrano esistere per raccogliere la simpatia e l'affetto altrui, all'opposto del marito Mimmo, rozzo piccolo borghese desideroso solo di fare soldi, avere una moglie schiava a casa e un'amante pronta a soddisfarne le voglie. Proprio l'amante, decisa a ribellarsi allo scomodo ruolo di sostituta della donna di casa e a riportare le cose nel “giusto” ordine (si fa per dire), partirà a cercarla, riuscendo là dove non era riuscito il maldestro e improvvisato investigatore Costantino.
Tuttavia il ritorno a casa sarà per Rosalba solo la presa d'atto che quella non è la vita che le appartiene e che non si può rinunciare alla felicità se questa comunque è a portata di mano.
Pane e Tulipani può sembrare un film semplice, una storia di per sé banale (la casalinga frustrata che cerca una via di fuga) con il solo pregio di una nota di lieve comicità a renderla gradevole.
Ma lo spettatore più attento non può non rendersi conto di trovarsi di fronte a uno dei lavori più interessanti del cinema italiano degli ultimi vent'anni, un'opera stilisticamente lontana dai canoni della commedia all'italiana (e infatti vennero fatti paragoni con la cinematografia francese), con il regista bravo a sfruttare il linguaggio simbolico per fornire continuamente spunti: Rosalba è bravissima con i fiori e la sua presenza fa rifiorire l'esistenza di chi entra nella sua vita, persino il complessato Costantino, aspirante idraulico spedito a Venezia dal taccagno marito che non vuole pagare un investigatore vero e proprio, cercandola troverà invece l'amore in Grazia.
Insomma non solo una semplice commedia, ma un film sul desiderio di felicità e sul fatto che questa possa attraversare le vite di ognuno quando meno ce lo si aspetta.
Bravissimo dunque Soldini, che sfugge al luogo comune di una Venezia città romantica per eccellenza andando a cercare l'ambientazione delle sua storia nelle calli più lontane dal turismo, fornendoci così la visioni di una città lagunare più intima e decisamente fuori dagli schemi. E azzeccata anche la scelta di un cast assolutamente in parte. A partire da Antonio Catania nei panni dell'odioso e cafonissimo marito, per proseguire con Giuseppe Battiston ai suoi primi passi (e che proprio grazie a questo film e al ruolo dello sgraziato ma tenero Costantino comincia a farsi notare dal pubblico), con Marina Massironi che usa la sua vena comica per costruire una svampita Grazia, fino a un Felice Andreasi strepitoso nel dar vita a Fermo, fioraio dai modi bruschi ma dal cuore d'oro, vero angelo custode di Rosalba.
Per concludere con i due protagonisti: l'eccellente Bruno Ganz impegnato in uno dei ruoli più belli ma anche più atipici della sua prestigiosa carriera e, soprattutto, la straordinaria Licia Maglietta che presta la sua dolcezza alla figura principale del film.
Pellicole così fanno non solo bene al nostro cinema ma anche a chi li vede.
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