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La viaccia

Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film

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La recensione su La viaccia

di port cros
8 stelle

Dramma familiare dell'avidità e romanzo d'amore tra i bellissimi Belmondo e Cardinale: Bolognini firma una messinscena di splendida raffinatezza che va a coprire qualche squilibrio narrativo. Voto: 7,666.

Claudia Cardinale, Jean-Paul Belmondo

La viaccia (1961): Claudia Cardinale, Jean-Paul Belmondo

 

 

La recente scomparsa del protagonista Jean Paul Belmondo è stata la triste occasione per guardare quest'opera del nostro bravo regista Mauro Bolognini, di cui già mi ero riproposto di vedere altri lavori oltre al magnifico Il Bell'Antonio.

 

La Viaccia, tratto dal romanzo L'eredità di Mario Pratesi, è presente su Amazon Prime Video in una meravigliosa versione restaurata nel 2019 in 4K, un lavoro eccellente che ci restituisce tutto lo splendore di un bianco e nero nitidissimo.

Il titolo si riferisce al podere delle campagne fiorentine, che nel 1885 il nonno Casamonti morendo lascia in eredità allo zio Ferdinando senza figli legittimi (Paul Frankeur) invece che a Stefano (il regista Pietro Germi), il padre di Amerigo (Jean Paul Belmondo). La speranza di Stefano è quella di ereditare in un secondo momento e per ingraziarsi il fratello manda il figlio a Firenze, a lavorare in bottega da zio. Amerigo in città si dimostrerà parecchio indisciplinato, preferendo correre dietro alla prostituta Bianca (Claudia Cardinale) ed arrivando a rubare dalla cassa per pagare il tempo da trascorrere con lei nella casa di piacere. L'eredità sembra dunque allontanarsi, anche perché lo zio ha un'amante storica che brama di diventar lei padrona e preme in favore del figlio che Ferdinando non ha finora mai voluto riconoscere.

 

Jean-Paul Belmondo

La viaccia (1961): Jean-Paul Belmondo

 

In questo dramma raffinato, Bolognini si sofferma con impietosa attenzione ad indagare un contesto familiare alienato, dove i rapporti tra i Casamonti sono esacerbati dall'avidità e dove la brama della “roba” travolge qualsiasi senso di solidarietà, portando fratelli a tradirsi, approfittarsi e tiranneggiarsi senza dimostrare alcuna pietà, compagne di vita ad avventarsi fameliche sul letto di morte per mettere le mani sui danari nascosti sotto una mattonella e sull'eredità, suoceri dimostrarsi disposti a sacrificare la giovane nuora alle attenzioni laide di chi si vuole ammansire, sempre a fini di interesse.

 

Oltre a questo tagliente sguardo sulle dinamiche familiari più tossiche, che già appariva ne Il Bell'Antonio, lo spazio narrativo viene in gran parte inglobato dalla storia d'amore tra Amerigo e la meretrice Bianca (non a caso il titolo intenzionale fu The Lovemakers), anche sfruttando abilmente la bellezza e lo star power dei fulgidi protagonisti Belmondo e Cardinale, spesso rirpesi languidamente sdraiati a letto.

Giunto in città, l'incostante Amerigo viene sempre più risucchiato lontano dai doveri verso il patrimonio dalla passione obnubilante per la bellissima Bianca, “una puttana che ragiona” e sa giostrarsi abilmente tra vari signori danarosi senza concedersi totalmente e farsi dominare da nessuno, conservando gelosamente la sua libertà dagli uomini che la intendono comprare. La donna, per quanto disillusa, sembra provare un sentimento sincero per lo spiantato Amerigo, ma la loro storia, nonostante le ingenue speranze del ragazzo che si fa persino assumere come buttafuori del bordello, ben difficilmente potrà avere un futuro fuori dalle mura della casa di tolleranza.

 

Jean-Paul Belmondo, Claudia Cardinale

La viaccia (1961): Jean-Paul Belmondo, Claudia Cardinale

 

Il focalizzarsi di Bolognini sulla trama romantica e sugli incontri tra gli amanti in camera da letto fa quasi sparire la sottotrama del gruppo clandestino di anarchici, facenti capo al maestro del paese (Romolo Valli), menanti una vita da “briganti” ribelli da cui anche Amerigo si sente ad un certo punto attratto: poteva essere più compiutamente sviluppata, invece rimane un abbozzo evocato e poi lasciato perdere dall'autore, in quella che è una delle pecche narrative dell'opera, insieme ad un finale forse troppo sbrigativo a cui avrebbero fatto ben almeno cinque minuti in più sulle sorti del podere sotto la nuova padrona, magari sforbiciando una ripetitiva scena postcoitale.

 

Sontuosa e ricercata è invece sempre la messinscena, con la vivace ricostruzione della Firenze di fine Ottocento, la fotografia nitidissima ed il gusto pittorico di Bolognini per la composizione raffinata delle inquadrature, come la scena del dialogo allo specchio, col riflesso della Cardinale a dialogare con Belmondo, che ritorna più tardi a parti invertite.

Poi verso la fine c'è una sequenza veramente meravigliosa, quella del ballo di carnevale nella casa di tolleranza, un po' felliniana, dove la spensieratezza delle maschere, della danza e della musica nasconde il presagio della tragedia che sta maturando ed esplode nel bellissimo pan della macchina da presa dal volto sconvolto di Bianca che si copre gli occhi alla ferita sul fianco di Amerigo.

 

Nessuna descrizione disponibile.

 

Facendo dunque una media tra lo splendore della messinscena (da cinque stelle) e qualche citato difettuccio nella sceneggiatura che permette a The Lovemakers di prendere il sopravvento su La Viaccia, direi che il voto che mi sento di attribuire a questo Bolognini è 7,666, cioè sette virgola sei periodico.

 

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