Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
Il film racconta un'amara vicenda di avidità, di impotenza, di amore mancato, e in sostanza di frustrazione. Il pessimismo del regista regna sovrano su personaggi e situazioni. I primi non muoiono, ma crepano, pensando solo al denaro e maledicendo tutti. Sulla sorte del protagonista restiamo nel dubbio, ma il pessimismo di prima non può non influenzare le ipotesi.
Lo zio, la convivente, e diversi personaggi di contorno sono assolutamente negativi: sono divorati dalla smania del denaro e dell'eredità, e sono spietati ed egoisti. Poi c'è la zona grigia della prostitua (Cardinale, ancora doppiata), il protagonista (Belmondo), e del padre di questo (Germi). Lei si rende conto di vivere una vita schifosa, abozza un inizio di riscatto, ma poco dopo getta tutto alle ortiche con una risata cinica; il mezzo anarchico personaggio principale si barcamena tra desiderio di libertà, piccoli gesti buoni, egoismo, scatti di violenza e disperazione; il padre non è cattivo, ma leccapiedi del fratello ricco e insensibile ai sentimenti del figlio.
I personaggi hanno tutti un'identità, ma sono come un po' sfocati e mai veramente incisivi. Sembra che la preoccupazione di regista e sceneggiatori fosse più quella di dare un quadro generale disperato che descrivere efficacemente le sue figure. Belmondo interpreta un personaggio molto simile, per movenze ma non per carattere, di quello che avrebbe fatto l'anno dopo in un capolavoro di Jean-Pierre Melville (Lo Spione): il tipo taciturno, misterioso, sfuggente, ma molto sicuro di sé. Solo che nel film di Melville è capace di straordinari gesti di altruismo...
In generale, posso dire che Bolognini dirige come secondo me in quasi tutti i suoi film, cioè in modo discreto e un po' fiacco. In breve, il film si guarda ma non appassiona (e fa stringere lo stomaco). Aggiungo anche che forse non ho visto in nessun altra pellicola un bordello rappresentato così squallido come in questo. Forse a ragione.
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