Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
Confesso che ho peccato. E non di onanismo di ritorno, quanto nel cedere alle lusinghe di Sky che prometteva la visione in HD delle grazie muliebri della Fenech.
Da questo punto di vista La pretora mantiene l'impegno: mai vista una Edwige così scollacciata, e felicemente porcellona.
E poi il film era firmato Lucio Fulci, una sorta di maestro clandestino dei film di genere, un autore che ha sempre tentato una propria personalissima strada nell'affrontare pellicole trash e/o di nicchia.
Ne La pretora Fulci si dà alla commedia, azzardando la satira di costume. Tutto già molto visto e sentito: presi di mira il bigottismo cattolico della bianchissima provincia veneta, l'ipocrisia dilagante in ogni ambito e posto di lavoro, i vezzi maschilisti che ottenebrano il senso del dovere, il regista stempera tutto in una sceneggiatura (firmata Toscano e Marotta, non esattamente due dilettanti allo sbaraglio) allucinante. L'escalation di volgarità ricorda la ronda di squartamenti cara al maestro, i dialoghi risultano prevedibili quanto un dribbling di Messi, gli attori danno la stura a battute che fanno assurgere Alvaro Vitali al ruolo di Lenny Bruce.
Ora, non si pretendeva che il tema di una donna e del suo doppio fosse da Fulci affrontato quale antesignano di Kieslowski. Ci si sarebbe tuttavia augurati una maggiore accuratezza nella costruzione di quella che voleva essere una commedia pepatissima, ma dal qualche contenuto. Resta la Fenech, di abbacinante presenza scenica, su cui la regia di Fulci dà il meglio di sè, indagandone il corpo in molte pose inedite. Potrebbe bastare, se solo fossimo (ahinoi) ancora imberbi adolescenti.
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